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Vaccini: non è il momento di fare capricci

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Scegliere il vaccino anti-Covid19 come si seleziona la frutta al supermercato per portare a casa quella migliore. E’ questa la sensazione che in queste ultime settimane si ha quando si sente parlare dei diversi marchi di vaccini disponibili attualmente in Italia. A giocare un ruolo fondamentale in questa assurda corsa o lotta al vaccino migliore/peggiore come sempre, oltre ai mezzi di comunicazione, sono i i social network che amplificano anche le voci di coloro che non hanno alcuna competenza in materia eppure si sentono autorizzati a dire la loro e a cercare addirittura di convincere gli altri ad aderire alle proprie teorie.

Sarà che io non sono in grado neanche di scegliere la frutta al reparto del supermercato – il dilemma è sempre legato al fatto che quella più bella non sempre è anche la più buona – ma mai mi sognerei di scegliere la marca di un vaccino da ricevere, solo perché agli occhi del popolo appare più sicuro ed efficace.

Eppure la credenza popolare attuale, almeno in Italia, è che il vaccino a marchio AstraZeneca sia pericoloso contrariamente, ad esempio, a quello Pfizer che sembra essere addirittura infallibile, a sentire qualcuno. E c’è chi invece attende con ansia quello Johnson & Johnson, o chi giura che non si sottoporrà mai a quello Sputnik. Sicuramente i casi di trombosi che hanno portato prima al ritiro di un lotto AstraZeneca e poi alla sospensione, per un paio di giorni, di tutte le somministrazioni, non hanno contribuito a rendere le cose più semplici. Sono state migliaia, solo nella mia provincia, le persone appartenenti al mondo della scuola, ad esempio, che nei giorni scorsi hanno rinunciato alla vaccinazione dopo averne fatto espressamente richiesta. E questo non per la paura del vaccino, ma per la paura del vaccino AstraZeneca.

Ed ecco, allora, che è iniziata quasi la corsa alla pubblicizzazione di quel vaccino, con il Commissario straordinario per l’emergenza Covid, Francesco Figliuolo e il Capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio che si sono fatti vaccinati proprio con AstraZeneca, quasi a voler tranquillizzare tutti. Ma anche in questo caso, il complotto non è mancato. “Chi ci dice che era davvero quello il vaccino?”.

Ciò che appare assurdo e controsenso è che siamo passati in pochi mesi dal sognare il vaccino come panacea di tutti i mali, a demonizzarlo e a rifiutarlo (la minoranza fortunatamente). E come se non fosse già complicata, nella lotta al virus, la presenza ingombrante (e a mio avviso inopportuna) dei no vax, a questa si è aggiunta anche quella dei no vax AstraZeneca. E se poi a questo sommiamo la constatazione che a lamentarsi e a dubitare sono soprattutto i più giovani, coloro che sono maggiormente esposti al virus e che probabilmente sono anche i più penalizzati dalle restrizioni (sia dal punto di vista lavorativo che sociale), mentre di contro i centenari si sono sottoposti alla vaccinazione in silenzio, con rispetto e con grande senso di responsabilità, allora l’indignazione in alcuni casi fa fatica ad essere contenuta.

Anche in questo caso, dunque, molti italiani hanno saputo mettere in luce tutte le loro contraddizioni, da un lato osannando (giustamente) il lavoro dei medici impegnati nella lotta al Covid, che nei giorni scorsi hanno ottenuto anche la candidatura al Nobel per la Pace, e dall’altro screditando il lavoro dei ricercatori che, a tempo di record, sono riusciti a produrre il vaccino per fermare la corsa del mostro.

Parallelamente alla lotta tra i vaccini di serie A e quelli di serie B, c’è poi quella della priorità di somministrazione per le diverse categorie. Anche in questo caso le polemiche e gli appelli non mancano. Se tutti (o quasi) sono stati d’accordo sul dare la precedenza agli operatori sanitari, i malumori sono sorti subito dopo, quando è partita la somministrazione delle dosi al personale scolastico. Con la maggior parte degli studenti in didattica a distanza, infatti, in molti si sono chiesti se fosse giusto dare loro la precedenza, lasciando indietro addirittura gli utenti definiti fragili. E che dire delle categorie relative agli ordini professionali? Quello dei giornalisti ha fatto sentire la sua voce, ricordando come tanti colleghi siano ogni giorno in prima linea negli ospedali per raccontare il Covid, così come pure quello degli avvocati, che ha evidenziato il rischio di entrare nelle carceri. E ancora gli operatori delle onoranze funebri, costretti a fare i conti quotidianamente con le salme dei morti con Covid.

Credo che, in questo caso, il problema da risolvere non sia in merito alla scelta delle categorie prioritarie, ma alla velocità di somministrazione. C’è differenza, infatti, tra l’attendere un mese, 6 mesi o addirittura un anno. Consolano, a tal proposito, le rassicurazioni del nuovo Commissario Figliulo che, nei giorni scorsi, ha garantito come entro la fine di settembre tutti gli italiani che lo vorranno saranno vaccinati. Ad oggi, il contatore della campagna vaccinale segna 7.894.659 dosi somministrate e 2.511.145 persone già sottoposte a entrambe le dosi, pari ad appena il 4% della popolazione italiana. Riusciremo a raggiungere l’obiettivo? Molto dipenderà dalla disponibilità delle dosi e dei medici, senza dubbio, ma una buona dose di responsabilità spetterà anche a noi e a quanto saremo disposti a non fare capricci quando arriverà il nostro turno.

Il direttore

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