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Beati gli inquieti di Stefano Redaelli

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Mi sono chiesto perché nessuno frequenti i matti.

Ho trovato tre ragioni:

1) i matti non mentono.

2) i matti ci vedono.

3) i matti sono nudi.

I matti dicono sempre una verità.

Anche quando parlano di persone e cose che noi non vediamo, non sentiamo, che non esistono, proprio allora stanno dicendo una verità.

I matti leggono l’anima.

Quando ci guardano, non ci si può nascondere.

D’un tratto dicono una cosa, magari assurda, non si sa che cosa c’entri eppure ci riguarda, parla di noi. Ci hanno visto.

I matti spogliano.

Già solo per queste poche righe varrebbe la pena leggere il nuovo romanzo di Stefano Redaelli, edito da Neo Edizioni e già in corsa per lo Strega e il Campiello. Perché in queste parole è racchiuso il senso di un’opera che ci racconta la follia e lo fa in un modo così delicato e leggero da trasformarla in poesia.

Stefano Redaelli è professore di letteratura italiana presso l’Università di Varsavia e da sempre si interroga sui rapporti tra scienza, follia, spiritualità e letteratura.

Con Beati gli inquieti ci offre un vero e proprio viaggio, fisico e spirituale, all’interno della Casa delle farfalle, un luogo in cui la follia tenta di essere curata.

È la storia di Antonio, scrittore che per conoscere i matti, per abitare la follia e scrivere il suo libro, decide di passare del tempo come paziente all’interno di una struttura psichiatrica. Conoscerà tante anime: Marta, che profuma di fiori e che di fiori va costantemente alla ricerca, Cecilia, poetessa intensa e dalla doppia personalità, Angelo, che prima di diventarti amico ti sottopone al test dell’FBI e ancora Carlo che ama lavorare la terra e Simone, accanito lettore. Conoscerà le loro storie ma sarà soprattutto costretto a conoscere la sua di anima, proprio perché i matti ti spogliano e ti gettano così, nudo, davanti allo specchio.

“I matti sono feriti. Ci fa male guardarli.

I matti sono liberi. Noi no.

I matti sono di vetro. Come una lente, uno specchio”.

Se non abbiamo il coraggio di guardarci dentro, come attraverso una lente, dovremmo stare alla larga dai matti. Se invece osiamo intraprendere il viaggio, questo libro è un ottimo punto di partenza, per mollare l’àncora e salpare e soprattutto per tentare di rispondere ad una serie di domande, domande che ci poniamo da un tempo infinito le cui risposte stiamo ancora cercando: chi sono i matti? Qual è il confine tra normalità e follia?

Beckett scriveva: “Tutti nasciamo pazzi. Alcuni lo restano”. Redaelli indaga questi “alcuni” regalandoci uno scorcio di umanità puro e sensibile e aiutandoci a comprendere come il viaggio più importante che possiamo intraprendere sia quello dentro noi stessi.

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