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Anidride carbonica: riusciremo mai a catturarla?

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Cento milioni di dollari per chi riuscirà a trovare un modo per catturarla. Sembra la taglia messa in palio in uno dei film polizieschi americani eppure questa volta non c’è alcuno sceriffo, anche se il “fuggiasco” appare davvero pericoloso per la salute del mondo interno.

Una vera e propria sfida globale, quella lanciata da Elon Musk, il ceo di Tesla che si è detto pronto a donare 100 milioni di dollari a chi riuscirà a inventare un sistema efficace per catturarla. Parliamo dell’anidride carbonica dispersa in atmosfera.

I livelli di emissioni di CO2 in atmosfera sono sempre più preoccupanti, tanto che il 2021 potrebbe rappresentare l’anno del record negativo, con concentrazioni di anidride carbonica prossime alle 450 ppm. Dalla Rivoluzione Industriale, la produzione è aumentata a vista d’occhio, tanto che oggi la quantità di CO2 liberata in atmosfera è più che raddoppiata rispetto a due secoli fa. E’ proprio per questa ragione che sono al momento 21 i progetti avviati in tutto il mondo per la cattura delle emissioni. Tutte le politiche di contenimento adottate, in maniera più o meno importante, nei vari Paesi del mondo, infatti, sembrano tutt’altro che sufficienti ad arrestare il problema.

Tra i Paesi più virtuosi in tema di sostenibilità ambientale trovano spazio senza dubbio quelli del Nord Europa. Sono due i progetti al quale si è attualmente al lavoro in Danimarca e in Islanda. Nel primo caso è stato recentemente approvato un piano per costruire un’isola artificiale nel Mare del Nord che produrrà energia rinnovabile in grado di soddisfare il fabbisogno di elettricità di 3 milioni di famiglie.

La “energy island”, che nella sua fase iniziale avrà le dimensioni di 120mila metri quadrati, l’equivalente di circa 18 campi da calcio, sarà collegata a centinaia di turbine eoliche offshore e fornirà sia energia alle famiglie che idrogeno verde per il trasporto marittimo, aereo e l’industria. L’isola energetica ha un ruolo cruciale nel quadro dell’obiettivo della Danimarca di ridurre le emissioni di gas serra del 70% entro il 2030 dai livelli del 1990 (le ha già ridotte del 40%), uno dei piani più ambiziosi al mondo, nonché di centrare la neutralità climatica – cioè azzerare le emissioni nette di CO2 – entro il 2050.

C’è poi l’ambizioso progetto dell’Islanda, promosso dall’azienda svizzera Climeworks e dall’islandese Carbfix, ossia quello di catturare l’anidride carbonica presente in atmosfera per trasformarla in rocce nel sottosuolo. Tramite delle apposite turbine, l’aria viene catturata e convogliata in speciali filtri che separano l’ossigeno per rilasciarlo nuovamente nell’atmosfera. Una volta separata, la CO2 viene mescolata all’acqua per ottenere un liquido mediamente acido, dopodiché viene spinta con una pompa tra gli 800 e i 2.000 metri di profondità, sotto la roccia basaltica. Una volta intrappolato nel sottosuolo, il composto inizia un processo di solidificazione: dopo circa due anni, il 95% dell’anidride carbonica risulta pietrificata.

Il problema di un sistema simile, tuttavia, è l’ingente costo dell’impianto e la sua difficoltà nel replicarlo su larga scala.

Non bisogna andare troppo lontano per trovare un altro progetto – Desarc-Maresanus – che sembra orientato proprio nella direzione di abbassare il livello di C02 a partire dal mare. A lanciare l’idea pioneristica è il Politecnico che ricorda come, oltre ad agire come gas serra nell’atmosfera, un terzo dell’anidride carbonica emessa viene assorbita dagli oceani ma ha come conseguenza quella di far aumentare l’acidità dell’acqua. Senza entrare nei tecnicismi, l’idea è quella di spargere calce nel mar Mediterraneo attraverso cargo e petroliere per tamponare l’acidità del mare e far diminuire l’anidride carbonica. Secondo i ricercatori del progetto si potrebbero spargere tra 100 e 200 milioni di tonnellate di idrossido di calce all’anno, che al 2040 farebbero sequestrare 135 milioni di tonnellate all’anno di CO2 e aumentare il pH di 0,06.

Sembrano tutte trame di film di fantascienza, ma in questo caso dalla professionalità della regia, dalla bravura degli attori e di tutti coloro che saranno impegnati sul set, dipende l’happy ending per l’intera umanità. Noi spettatori, riusciremo a garantire la nostra parte?

Il direttore

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