Redazione
[email protected]
[email protected]
Direttore
[email protected]
Recover your password.
A password will be e-mailed to you.
Sono pieni di fantasia i militari che il primo febbraio, in Myanmar, hanno preso il potere. Aung San SuuKyi, leader della Lega nazionale per la democrazia (Lnd) e premio Nobel per la pace nel 1991, è stata arrestata per violazione della legge sul commercio estero avendo importato illegalmente i walkie-talkie in uso alle sue guardie del corpo. Il Presidente Win Myint, dal canto suo, è accusato di aver infranto le norme sulla gestione delle catastrofi naturali. Motivazioni più che sufficienti per mettere a segno un colpo di Stato e imprigionare esponenti di primo piano del legittimo governo.
Al di là di questi ridicoli pretesti, la situazione birmana è tutt’altro che semplice da decifrare. Del resto, il regime democratico ha rappresentato una parentesi durata poco più di cinque anni. Il partito di SuuKyi nel 2015 ha ottenuto una schiacciante maggioranza in parlamento (291 seggi), ulteriormente rafforzata lo scorso anno, conquistando addirittura 368 seggi su 434. Il Partito per la solidarietà e lo sviluppo dell’Unione, sostenuto dai militari e principale partito di opposizione, dopo aver conquistato solo 24 seggi, ha denunciato gravi brogli elettorali. Oggi l’esercito riconquista con la forza il centro della scena politica, anche se non si era mai del tutto fatto in disparte, se è vero che la costituzione del 2008 gli attribuisce – di diritto – i Ministeri della Difesa, degli Affari interni e degli Affari di frontiera oltre al 25 per cento dei deputati del parlamento.
D’altro lato non bisogna dimenticare che la Birmania attraversa un periodo molto difficile. Negli ultimi dieci anni le diseguaglianze sono ulteriormente cresciute e il tasso di povertà raggiunge il 60%, i conflitti etnico-razziali si diffondono, come testimonia la strage dei Rohingya, il mercato delle metanfetamine “esplode” e il Paese è al centro di uno scontro geopolitico tra USA e Cina.
“Siamo profondamente preoccupati per la detenzione di leader politici e attivisti della società civile, tra cui il Consigliere di Stato Aung San SuuKyi e il presidente Win Myint, e per l’attacco ai media”, hanno affermato i ministri di Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Giappone. “Chiediamo ai militari di porre immediatamente fine allo stato di emergenza, ristabilire il potere del governo democraticamente eletto, liberare tutti coloro che sono stati ingiustamente detenuti e rispettare i diritti umani e lo stato di diritto”.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
Prev Post
Next Post
Recover your password.
A password will be e-mailed to you.