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La situazione degli approvvigionamenti di vaccini in Europa e in Italia è diventata molto problematica. Le dichiarazioni degli amministratori delle grandi multinazionali del farmaco e dei governanti dei Paesi europei si alternano, in un mix di minacce, precisazioni, diffide e promesse. In breve, questi i fatti. La statunitense Pfeizer rassicura sulle sue capacità produttive e preannuncia forniture regolari anche in Italia e in Europa, smentendo di privilegiare il mercato USA. Ma intanto si riscontra una riduzione delle forniture di circa il 30%. Anche Moderna annuncia tagli nell’ordine del 20% per il nostro Paese, tanto che nella seconda settimana di febbraio le dosi disponibili si ridurranno da 166mila a 132mila. L’azienda farmaceutica anglo-svedese AstraZeneca, il cui vaccino è stato appena autorizzato dall’Ema, ha già annunciato un taglio del 60% nelle forniture previste all’UE per il primo trimestre dell’anno. Al contrario sembrano soddisfatti i quantitativi programmati per la Gran Bretagna.
Non è quindi un caso che la Commissione europea protesti vivacemente per le inadempienze delle Big Pharma, soprattutto dopo aver foraggiato la loro ricerca con soldi pubblici. E così Bruxelles chiede di rendere pubblici i contratti di fornitura e intende regolamentare le procedure di esportazione dei vaccini. In Italia il Commissario Arcuri arma l’Avvocatura di Stato per sostenere azioni legali verso le aziende inadempienti. Intanto, forse con qualche ritardo, si approva il contratto di sviluppo presentato da ReiThera per un investimento da 81 milioni di euro, con l’aspettativa di avere a disposizione alcuni milioni di dosi da settembre.
E nel resto del mondo? Al netto di Cina e Russia, che dispongono di vaccini di loro produzione, sappiamo ben poco. Come è evidente, si ripete il tentativo di “accaparrare” farmaci per “risolvere” le singole crisi nazionali senza neppure gettare lo sguardo a ciò che avviene oltre confine. Di questo passo il Sud del mondo potrebbe ricevere i vaccini tra fine 2024 e inizio 2025. Tuttavia dovrebbe essere chiaro che in epoca di globalizzazione i confini non esistono più e le infinite mutazioni del COVID 19 possono, da un momento all’altro, mettere tutti in pericolo.
Eppure, come scrive Nicoletta Dentico – giornalista, esperta di cooperazione internazionale e diritti umani – in un bellissimo articolo pubblicato il 29 gennaio su Avvenire.it (Come fare scelte efficaci ed eque. L’Europa vaccini sé e il mondo), “la crisi del Sars-CoV-2 offre all’Europa l’opportunità di pensare alla costruzione di un sistema di ricerca e sviluppo pubblico comune in ambito biomedico e a centri di produzione farmaceutica pubblici negli Stati membri, per affrontare le molte sfide sanitarie senza dipendere esclusivamente dal settore privato, con un modello di business simile a quello dell’industria della difesa”. Le soluzioni ci sarebbero, allora, ma qualcuno deve avere il coraggio di cercarle e praticarle.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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