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La giunta siciliana e quel ritorno nel Medioevo

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Qualche giorno fa il presidente della Regione Sicilia ha ufficializzato l’ingresso in giunta di due assessori, Marco Zambuto e Toni Scilla, escludendo di fatto l’unica donna: Bernadette Grasso. Una “rimozione di genere” per usare le parole del ministro del Sud Giuseppe Provenzano, che porta la Sicilia ad essere la Regione “più maschia” d’Italia, con 12 assessori tutti uomini. Un record negativo e anacronistico che, dispiace dirlo, trascina la regione in un Medioevo politico e sociale. Ed è immediatamente e giustamente polemica.

Così la ministra per le pari opportunità Elena Bonetti: “Una giunta tutta al maschile non rende giustizia alle donne di Sicilia, che contribuiscono al pari degli uomini a rendere grande quella terra. Una brutta pagina di politica niente affatto onorevole per il presidente e la sua maggioranza”.

Il presidente Nello Masumeci parla di assenza momentanea e ha già chiesto ai partiti di iniziare il dialogo al loro interno per individuare una figura femminile in modo da effettuare una o più sostituzioni. “Sono un convinto assertore del valore che la donna rappresenta anche nella politica”, commenta. Ce lo auguriamo viste le premesse poco promettenti così come ci auguriamo che il sistema delle pari opportunità venga pienamente realizzato dato che, oltre a rappresentare un problema culturale e politico, si tratta anche di un problema costituzionale, come sottolineato dall’associazione delle donne manager di Sicilia che invitano Masumeci “a porre in essere tutti gli atti necessari per rimediare ad una scelta che vìola il principio costituzionale di uguaglianza tra i generi e che si pone in contrasto con la stessa legge regionale n.26 del 2020 che all’art.3 dispone per le prossime legislature che la nomina degli assessori da parte del presidente debba essere effettuata assicurando che ogni genere sia rappresentato in misura non inferiore ad un terzo”.

A complicare le cose le parole sessiste pronunciate dal deputato regionale leghista Vincenzo Figuccia, parole che non ripetiamo ma che sono testimonianza di un pensiero culturale arretrato e inaccettabile che mortifica il lavoro degli uomini e delle donne che si battono tutti i giorni contro gli stereotipi di genere.

Insomma una situazione poco piacevole a cui bisognerebbe subito porre rimedio e mentre il Pd annuncia un’azione legale anche i sindacati e altre associazioni iniziano a tirare fuori le unghie. Circa cinquecento donne del gruppo Siciliane (che raccoglie studentesse e professoresse, attrici, professioniste, attiviste e giornaliste) chiedono a gran voce le dimissioni di Figuccia e a loro ci aggiungiamo in coro un po’ tutte e non solo per semplice solidarietà femminile ma perché, come sostiene la sociolinguista Vera Gheno “chi parla male pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste. Le parole sono importanti”.

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