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L’emergenza per la pandemia da CoVid-19 e il conseguente lockdown hanno avuto impatto su tutti i cittadini e in particolar modo sui lavoratori, sui genitori e sulle fasce più deboli come per esempio gli anziani. Ma forse ci siamo dimenticati troppo spesso di nominare i più fragili, quelli che hanno subìto uno scossone davvero forte che ha cambiato per diversi mesi le loro vite: bambini, adolescenti e giovani in generale.
Tutti gli alunni della scuola dell’obbligo si sono visti sottrarre il loro “lavoro”, hanno dovuto rinunciare a interagire socialmente non potendo uscire nemmeno per fare una corsa, tantomeno per recarsi in aula, dove conducevano buona parte della loro vita sociale.
Parliamoci chiaro: le lezioni attraverso il web possono magari aver tamponato alcune falle, hanno probabilmente indotto i più autonomi e dotati di autocontrollo a proseguire il percorso didattico. Tuttavia mi domando fino a che punto questa sia stata davvero scuola. Io penso di no.
Credo che un conto sia assistere tramite computer a lezioni, e quindi spiegazioni, altro – ben altro – è essere tra quattro mura, in una condizione protetta, a interagire con insegnanti e compagni su una lezione. I dubbi che assillano possono venire sciolti proprio grazie al supporto di compagni, facendo domande o proponendo soluzioni senza timori e sotto la supervisione di un adulto capace e comprensivo.
La scuola – nel suo sviluppo concreto di apprendimento, di pratiche didattiche, di socializzazione, di educazione alla vita e all’autonomia di ogni singolo individuo – è un sistema pubblico il cui punto focale dell’esistere è nella pedagogia, in tutti i suoi aspetti.
Il ritorno a scuola, quindi, serve a tornare alla vita normale per tutti, insegnanti e alunni, e soprattutto per quest’ultimi, poiché i ragazzi – che sono stati così a lungo prevalentemente “figli” – hanno rischiato di tornare indietro nello sviluppo sociale, dovendo aver a che fare con probabili insicurezze incontrate nel nuovo e insolito percorso di chiusura totale.
Non me la sento di affermare che tutti i tentativi di lavorare con gli insegnanti tramite il web siano stati inutili e nocivi, anzi. Direi che – in alcuni casi – anche queste lezioni, questa didattica a distanza hanno certamente diminuito la lontananza fisica e creato persino la nostalgia dell’altro. Questa malinconia da assenza non è esclusivamente negativa, aiuta a crescere e a valorizzare le relazioni.
Ma credo che ancora di più si sia acuito il divario tra le varie fasce economiche, cosa che in passato non avveniva certamente nella scuola pubblica. Non a caso, infatti, non tutte le famiglie hanno avuto la possibilità di possedere l’adeguata tecnologia o una linea internet per accedere alle lezioni.
Esiste di fatto la capacità o meno dei genitori di lasciar fare ai figli, di supportarli senza aiutarli, tutte azioni per cui occorrono serietà e responsabilità e, soprattutto, un certo tipo di approccio culturale alla scuola che non tutti posseggono.
Pertanto – con le dovute e necessarie cautele per l’incolumità di tutti – auspico un ritorno alle aule scolastiche, al vivere sociale, di modo che si possa stare insieme, sperimentare e apprendere in modo diretto.
Non è certo un mistero il fatto che la scuola italiana abbia gravi e vari problemi a partire dall’inadeguatezza di alcuni educatori sino ad arrivare alla povertà educativa. E allora, quale occasione migliore per rivedere e ripensare a una scuola davvero per tutti?
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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