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“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”.
La frase di Salvador Allende riassume perfettamente lo spirito dei giovani, quella sfrenata voglia – a tratti presunzione – di voler cambiare il mondo. Cause difficili, a volte impossibili, che una volta adulti rimangono nel dimenticatoio e vengono rispolverate solo durante le serate amarcord.
Ma non sempre è così. Ci sono lotte che continuano ad andare avanti, che hanno la forza e i piedi per camminare, anche indipendentemente da noi. Sono quelle battaglie chiamiamole “più giuste” di altre, più condivise, più necessarie. Ed è lì che si può fare la differenza e cambiare il mondo.
Pensiamo al diritto di voto alle donne, al divorzio, all’aborto, al riconoscimento dei diritti per alcune “minoranze”. Battaglie giuste che, grazie all’idea di pochi, hanno risvegliato la coscienza collettiva fino ad arrivare al raggiungimento dell’obiettivo.
Veniamo al dunque: questa volta la battaglia comune è partita dal viso serio di una ragazzina con le trecce e, nell’arco di un anno, ha portato in strada milioni di giovanissimi che oggi chiedono un impegno concreto da parte dei “potenti” perché pretendono un mondo migliore. La battaglia è quella contro i cambiamenti climatici, contro la mano dell’uomo che sta pian piano distruggendo il Pianeta, contro chi pensa all’oggi fregandosene del domani.
«Non dovrei essere qui, dovrei essere a scuola, dall’altro lato dell’oceano. Venite a chiedere la speranza a noi giovani? Come vi permettete?. Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote”. Tra le lacrime nei giorni scorsi Greta Thunberg, la sedicenne divenuta famosa per la sua protesta/campagna di sensibilizzazione #Fridaysforfuture, ha attaccato con queste parole i leader mondiali al vertice Onu sul clima.
Una vera e propria scalata, quella della ragazzina svedese che, partita dai suoi scioperi del venerdì, è ormai diventata il simbolo di un movimento che pian piano sta arrivando in tutto il mondo, con un numero di seguaci via via crescente. Tra questi soprattutto giovani e giovanissimi, sempre più vicini ai temi ambientali. La dimostrazione è arrivata la settimana scorsa quando milioni di studenti, in diversi angoli della Terra, hanno lasciato per un giorno i banchi di scuola e sono scesi in piazza armati di striscioni, per chiedere un mondo più sano e pulito.
In molti in questi mesi hanno puntato il dito contro Greta, accusandola di essere strumentalizzata, non sincera fino in fondo. Tanti altri hanno guardato con sospetto alla grande partecipazione degli studenti allo sciopero, lasciando intendere che forse era solo una buona occasione per non andare a scuola o tacciandoli di incoerenza dal momento che sono figli del consumismo e cambiano telefono ogni 6 mesi.
Forse un fondo di verità c’è, ma io credo – a costo di sembrare romantica, ingenua o idealista – che dei discorsi di Greta, delle proteste di massa, della partecipazione dei ragazzi, vada colto quanto di più buono e utile per la società ci possa essere.
E’ innegabile che, le nuove generazioni, anche grazie al lavoro che è stato fatto da noi adulti nelle scuole, siano decisamente più attente all’ambiente. Basta guardare a come approcciano i bambini alla raccolta differenziata: non sbagliano un colpo e sono fiscalissimi nei confronti di genitori, nonni e zii alle prese coi mastelli colorati.
Forse avrò ancora l’animo rivoluzionario dei miei sedici anni, ma credo che partecipare, informarsi, scendere in strada e confrontarsi, sia comunque un’ottima occasione per prendere coscienza di un problema e provare a fare qualcosa per contribuire al cambiamento. Fosse anche solo chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti o cercare un cestino prima di gettare a terra una cicca di sigaretta o la carta di un gelato.
Quindi per una volta, noi adulti, dovremmo provare a mettere da parte malizia e pregiudizi e lasciarci ispirare da questo movimento. In caso contrario il rischio, un giorno, sarà quello di dover guardare negli occhi una ragazzina in lacrime e dire: io avevo la possibilità di fare qualcosa ma ho preferito girarmi dall’altra parte.
Il direttore
Sono nata ad Avezzano (L’Aquila) sotto il segno dell’acquario, il 18 febbraio 1981, e dal 2009 vivo a Montesilvano (Pescara). Socievole, chiacchierona e curiosa dalla nascita, ho assecondato questa naturale inclinazione laureandomi a 24 anni in Scienze della Comunicazione a Perugia e scegliendo il giornalismo come ragione di vita prima ancora che come professione. Dopo diverse esperienze come giornalista di carta stampata e televisiva, dal 2012 mi occupo di cronaca per il quotidiano abruzzese il Centro, oltre a curare diversi progetti come freelance. Tra le mie più grandi passioni, oltre alla scrittura, ci sono i viaggi, la fotografia e il cinema, che nel 2011 mi hanno portato a realizzare, come coautrice, un documentario internazionale sulla figura della donna nell’area del Mediterraneo. Dall’estate 2015 ho il privilegio di dirigere il portale Felicità pubblica. Indipendente, idealista e sognatrice, credo nella famiglia, nell’amore, nell’amicizia e nella meritocrazia e spero in un futuro lavorativo migliore per i giovani giornalisti che, come me, preferiscono tenere i sogni in valigia piuttosto che chiuderli in un cassetto.
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