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Possiamo definire il comportamento di Carol Rakete, comandante della Sea Watch 3, un caso di disobbedienza civile? Secondo il premier Conte certamente no. “La mia posizione la conoscete: qualcuno la descrive come una eroina, qualcuno invoca il concetto della disobbedienza civile, alcuni la stanno aggredendo verbalmente. Io non appartengo né agli uni né agli altri. Io ci vedo invece un ricatto politico, che è stato compiuto scientemente e deliberatamente attraverso l’utilizzo strumentale della vita di 40 persone”. In un’altra intervista ha invitato tutti a non parlare a sproposito di disobbedienza civile e a rileggere Danilo Dolci.
Eppure a me sembra che il comportamento di Carole Rakete possa essere inserito a buona ragione tra gli atti di disobbedienza civile della nostra storia recente.
Ma che cos’è la disobbedienza civile? E’ Il rifiuto da parte di un gruppo di cittadini organizzati di obbedire a una legge giudicata iniqua, attuato attraverso pubbliche manifestazioni. Questa la definizione di un autorevole dizionario.
In realtà c’è qualcosa in più. L’atto di disobbedienza spesso è individuale, sempre è consapevole, in ogni caso comporta l’accettazione delle conseguenze civili e penali del comportamento assunto. La disobbedienza civile, per come l’abbiamo fin qui conosciuta, è non violenta.
In Italia abbiamo avuto grandi esempi. A partire proprio da Danilo Dolci. Nella Sicilia dei potentati mafiosi, al cospetto di uno Stato arretrato e inerme, Dolci ha opposto lo sciopero della fame collettivo e lo sciopero alla rovescia.
Aldo Capitini, in anni di dura repressione del dissenso, scelse le battaglie non violente e ideò la Marcia della Pace Perugia-Assisi.
Don Lorenzo Milani nel 1965 rispose a un gruppo di cappellani militari toscani in congedo che consideravano “un insulto alla Patria e ai suoi Caduti la cosiddetta ‘obiezione di coscienza’ che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà” pubblicando il famoso testo “L’obbedienza non è più una virtù”.
C’è anche un altro filone di disobbedienza civile che non possiamo dimenticare, quello delle battaglie radicali. Fin troppo facile ricordare l’impegno di Marco Pannella per l’obiezione di coscienza antimilitarista, la pace e la lotta contro la fame nel mondo, l’anticlericalismo, i diritti degli omosessuali e delle donne, l’aborto, la battaglie contro la pena di morte. Ma il primo pensiero va ad Adele Faccio e alla sua Associazione Italiana per l’Educazione Demografica che in tempi di caccia alle streghe divulgò la contraccezione e aiutò decine di migliaia di donne a sottrarsi all’aborto clandestino, anche violando le leggi di allora.
Infine è utile citare Marco Cappato e l’Associazione Luca Coscioni, il loro impegno per la ricerca scientifica, contro l’accanimento terapeutico, per la libertà di scelta nel fine vita e il testamento biologico.
Cosa accomuna queste esperienze per molti versi diversissime? Naturalmente il coraggio, la forte determinazione personale, la capacità di mettersi in gioco, anche con il proprio corpo. Dolci, Capitini, don Milani, Pannella, Faccio, Cappato, in tempi e per ragioni diverse, hanno disobbedito alle leggi e ne hanno pagato le conseguenze. Ciascuno di loro ha mostrato più rispetto della legge di quanta sia capace di mostrarne qualsiasi leguleio. Hanno chiarito a tutti noi che le leggi sono espressione della volontà umana e, come tali, possono cambiare nel tempo.
Ma un altro aspetto tiene insieme queste persone: la capacità di guardare lontano, di intuire la direzione del cambiamento, di aspirare alla concretizzazione di ciò che si ritiene giusto. Loro hanno capito in anticipo ciò che noi oggi diano per scontato, per acquisito. Loro hanno avuto capacità “profetiche”, perché hanno “predetto” eventi futuri.
E’ così anche nel caso di Carole Rakete? Di certo ha disobbedito a una legge dello Stato italiano. Lo ha fatto nel rispetto del diritto internazionale e, soprattutto, per motivi umanitari. Si è comportata con la semplicità e la dignità dei padri della disobbedienza civile. Non una parola in più del necessario, anzi molte scuse per il rischio involontariamente arrecato alla nostra Guardia di Finanza. Sì, credo che il gesto della capitana della Sea Watch 3 possa essere inserito in questo grande filone della battaglia politica italiana. Speriamo che, come avvenuto in molte altre occasioni, tra qualche mese la chiusura dei porti e l’indifferenza al dramma delle migrazioni di massa siano soltanto brutti ricordi di una stagione passata.
P.s. Ho colpevolmente dimenticato di sottolineare che l’azione di Carole Rakete forse rappresenta il primo caso di disobbedienza civile su scala europea. E non è una novità di poco conto.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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