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Ci sono molti buoni motivi per segnalare ai nostri lettori il volume di Paola Di Nicola, giudice penale presso il Tribunale di Roma, La mia parola contro la sua, HarperCollins 2018.
Il primo riguarda il tema trattato. “Il pregiudizio contro le donne ha la prerogativa di appartenere all’intera umanità, che si ritrova ogni giorno a condividere, al di là dei confini di spazio e tempo, un’identica impari struttura di relazioni tra uomini e donne fondata su di esso. Da nord a sud, da est a ovest, in modi diversi ed escluse alcune eccezioni, il genere femminile viene depotenziato, mantenuto subalterno in ogni settore: marginale sulla scena politica e ridimensionato grazie all’utilizzo delle inderogabili esigenze familiari”.
Oltre 200 pagine aiutano a “svelare” i meccanismi più diffusi che hanno accreditato pregiudizi e stereotipi nell’attribuzione dei ruoli di genere, sempre a detrimento, sia ben chiaro, delle donne. Una ricostruzione puntuale, analitica, implacabile, senza sconti.
Questo prezioso lavoro nella prima parte ha il taglio della “raccolta” di pensieri e riflessioni mentre, nella seconda, quello dell’esame critico dell’esperienza di magistrato.
Assolutamente convincenti le pagine che prendono in esame le dinamiche che presiedono alla violenza di genere. Un approfondimento è dedicato a quella particolare violenza usata contro le donne che hanno il coraggio di denunciare i soprusi subìti trasformandole, per paradosso, da vittime a imputate. “Appartiene alla cultura della violenza contro le donne la certezza di non essere credute e la naturalità di quello che subiscono. Per questo denunciare, parlare, raccontare, svelare una violenza significa sottoporsi a un vero e proprio calvario, a un linciaggio sociale e culturale”.
Altrettanto efficaci le riflessioni sul linguaggio di genere, laddove la Di Nicola ricorda che “ancora oggi il maschile è nella lingua italiana l’unico modello riconoscibile, autorevole e rispettato e le donne, pur essendo presidenti di potenti Paesi, o dirigenti del più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle e molto altro ancora, non sono riconosciute nei luoghi di lavoro”.
Lo stile è colloquiale, numerosi i riferimenti autobiografici che spaziano dalla propria formazione alle vicende familiari. Alcuni passaggi assumono un tono coinvolgente, esortativo, quasi lirico come nel caso di una “lettera aperta” agli uomini chiamati ad essere al fianco delle donne “da coraggiosi partigiani”. “Cari uomini, c’è bisogno di voi, uno per uno, per vincere questa difficile battaglia per un mondo profumato di libertà e dignità”.
Ma non fatevi trarre in inganno dalla piacevolezza della scrittura o dalla “bonomia” di alcune righe. L’argomentazione resta sempre assolutamente rigorosa, il tono sferzante, assertivo, in alcuni casi prescrittivo, come si addice a una giudice.
È questa la cifra distintiva del contributo della Di Nicola, la sua forza e, per alcuni versi, la sua fragilità. La nettezza delle tesi sostenute conferisce vigore al testo, gli attribuisce un chiaro carattere pedagogico che lo rende una sorta di “manuale per la parità di genere”, peraltro utilissimo in tempi di chiari attacchi ai diritti delle donne. D’altro canto, in alcuni passaggi, questa scelta spinge l’autrice a qualche semplificazione meno convincente, come nel caso della presentazione di una presunta “cultura maschile” del potere e della sopraffazione più vicina alla condizione degli anni 50 e 60 che a quella attuale. Talora sembra dimenticare che le battaglie femministe degli anni 70 hanno reso molto più incerto e ricco di sfumature il mondo maschile. Gli stessi comportamenti discriminatori e violenti di taluni maschi sembrano più il frutto dell’attuale spaesamento dell’uomo contemporaneo, della sua crisi di ruolo, che della certezza del proprio potere. Su ogni altra cosa sembra campeggiare la grande difficoltà del maschio a costruire relazioni significative con un universo femminile assai articolato e in profonda trasformazione.
Ma questo è un approfondimento di cui, come ha sostenuto a ragione l’autrice in occasione di una presentazione del suo libro, toccherà a noi uomini farci carico con urgenza.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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