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Status di rifugiato agli omosessuali che nei Paesi di origine non sono tutelati

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È destinata a far discutere la sentenza della Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso di un cittadino omosessuale della Costa d’Avorio a cui la Commissione territoriale di Crotone non aveva concesso lo status di rifugiato in Italia. La Commissione aveva sottolineato che in Costa d’Avorio, diversamente da molti altri Stati africani, l’essere omosessuali non è considerata un reato e lo Stato ivoriano non è in condizione di conflitto armato o violenza diffusa.

Invece per i giudici della Cassazione questa motivazione non è sufficiente per negare la protezione a un richiedente asilo che afferma di essere in pericolo di vita se tornasse nel suo Paese di origine che, in effetti, risulta essere uno Stato dove avvengono spesso azioni violente nei confronti della comunità Lgbt senza che le autorità intervengano per contrastarle.

In sostanza la Cassazione ha stabilito che non sarà più sufficiente verificare che nei Paesi di origine non siano in vigore leggi discriminatorie contro le persone omosessuali, ma si dovrà accertare che le forze di sicurezza di quello Stato abbiano messo a disposizione effettivi controlli e adeguate tutele per garantire il rispetto dei diritti degli omosessuali; in questo caso la Corte sostiene che la protezione al cittadino debba essere garantita anche rispetto a familiari o persone diverse che agiscono contro l’omosessualità.

In realtà la sentenza non aggiunge molto di nuovo che non sia già previsto dalle leggi internazionali sul diritto d’asilo che, tra le altre cose, vietano il rimpatrio di persone che per motivi politici, religiosi e di orientamento sessuale vedrebbero la loro sicurezza messa a rischio, ma impone maggiori accertamenti da parte delle autorità che valutano le richieste dei richiedenti protezione internazionale.

Purtroppo in quasi un terzo del nostro pianeta l’omosessualità è un reato e sono previste pene molto severe che vanno da forti multe e carcere per arrivare a lapidazione e pena di morte per chi si macchia della “vergogna” di essere omosessuale.

Se in generale nei Paesi occidentali si sta pian piano progredendo concedendo lentamente diritti uguali per tutti i generi, quasi la totalità degli africani (96%) crede che l’omosessualità sia contro natura e ontologicamente sbagliata.

Elencare i Paesi africani in cui esiste il reato di omosessualità sarebbe lungo e desolante e possiamo citare come esempio Nigeria, Camerun, Senegal, Marocco seguiti da molti altri,  ma ce ne sono diversi anche in Asia e persino Russia e Cina rientrano tra questi. Inutile poi rilevare che in Medio Oriente vige la Sharia (legge islamica) che prevede la morte per chi è omosessuale. Addirittura in Arabia Saudita, prima di essere condannati a morte, subiscono il carcere, l’amputazione di parti anatomiche, la lapidazione e l’internamento in cliniche psichiatriche per la riabilitazione di un individuo che secondo loro è  malato.

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