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Pubblicato rapporto globale 2018 sulla pena di morte

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Amnesty International ha pubblicato il suo rapporto globale sulla pena di morte nel mondo per il 2018, registrando un dato positivo: l’anno appena trascorso è stato quello con il numero più basso di esecuzioni registrate annualmente nel corso di un decennio, con una diminuzione globale di quasi un terzo rispetto al precedente 2017.

Il rapporto ha preso in esame le esecuzioni capitali eseguite in tutto il mondo, fatta eccezione per la Cina dove il dato è considerato segreto di Stato, ma è un luogo in cui si ritiene che purtroppo siano state migliaia.

In ogni caso, complessivamente, i dati rilevano che la pena di morte è in declino e soprattutto che in varie parti del nostro pianeta diversi Stati abbiano preso iniziative tangibili per porre fine a questa punizione inumana e crudele.

Per esempio a giugno del 2018 il Burkina Faso ha adottato un nuovo codice penale abolizionista; a febbraio il Gambia e a luglio la Malesia hanno annunciato una moratoria ufficiale sulle esecuzioni e infine a ottobre anche lo Stato di Washington (Usa) l’ha abolita, come abbiamo scritto in questo articolo, dichiarandola incostituzionale.

Ma c’è molto di più: infatti, come avevamo spiegato in quest’altro articolo, a dicembre durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ben 121 Stati hanno votato a favore di una moratoria globale sulla pena di morte, cui si sono opposti solo 35 stati.

Ha dichiarato infatti Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International: «La drastica diminuzione delle esecuzioni dimostra che persino gli stati più riluttanti stanno iniziando a cambiare idea e a rendersi conto che la pena di morte non è la risposta» aggiungendo poi «Nonostante passi indietro da parte di alcuni stati, il numero delle esecuzioni portate a termine da parecchi dei più accaniti utilizzatori della pena di morte è significativamente diminuito. Si tratta di un auspicabile indizio che sarà solo questione di tempo e poi questa crudele punizione sarà consegnata alla storia, dove deve appartenere».

Nel rapporto però non ci sono solo notizie positive poiché le esecuzioni sono aumentate in Bielorussia, Giappone, Singapore, Sud Sudan e Usa. La Thailandia ha eseguito la prima condanna a morte dal 2009 mentre il presidente dello Sri Lanka ha annunciato la ripresa delle esecuzioni dopo oltre 40 anni, pubblicando un bando per l’assunzione dei boia.

Anche in questo caso Naidoo ha evidenziato: «Le notizie positive del 2018 sono state rovinate da un piccolo numero di Stati che è vergognosamente determinato ad andare controcorrente. Giappone, Singapore e Sud Sudan hanno fatto registrare un livello di esecuzioni che non si vedeva da anni e la Thailandia ha ripreso a eseguire condanne a morte dopo quasi un decennio. Ma questi Stati ora costituiscono una minoranza in calo. A tutti gli Stati che ancora ricorrono alla pena di morte, lancio la sfida: siate coraggiosi e ponete fine a questa abominevole sanzione».

È possibile prendere visione dell’intero report 2018 cliccando qui.

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