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In Yemen ci si trova di fronte a una vera e propria catastrofe umanitaria, con quasi 10 milioni di persone che vivono in carestia e di queste a farne le spese maggiori sono le bambine. Lo ha denunciato Oxfam, in occasione della Conferenza dei Paesi donatori a Ginevra.
Dell’allarmante situazione in Yemen abbiamo scritto più volte (per esempio in questo articolo) e, riguardo la guerra in corso da quasi quattro anni contro la Coalizione guidata dall’Arabia Saudita, avevamo spiegato come ci sia un embargo per bloccare le armi che però ha bloccato i rifornimenti di prodotti alimentari.
La Ong nel suo rapporto spiega che per esempio nel nord del Paese mediorientale tante famiglie stremate, senza cibo e senza casa, arrivano al punto di dare in matrimonio figlie anche piccolissime (addirittura in un caso una bimba di tre anni) per poter ricevere la dote e quindi procurarsi un po’ di cibo e salvare il resto della famiglia. Se è vero, come affermato, che in Yemen il fenomeno dei matrimoni precoci è stato abituale, è altrettanto vero che adesso sta raggiungendo modalità scioccanti. Del resto, alcune famiglie hanno raccontato agli operatori della Oxfam che, pur sentendo come questo sia profondamente sbagliato, non hanno alcun’altra possibilità di scelta: devono vendere le figlie per far sopravvivere la famiglia che, in alcuni casi, può arrivare a contare 15 membri, comprese diverse persone anziane che necessitano di cure. Inutile sottolineare che non ci sono nemmeno medicine.
Del resto, il persistere del conflitto ha costretto molte famiglie a scappare e raggiungere aree isolate e prive di tutto; luoghi dove naturalmente mancano tutti i servizi essenziali, a partire dalle reti idriche, presidi sanitari e cibo. Non c’è nemmeno la possibilità di lavorare e la maggioranza di queste persone vive di tè e pane secco. Quando è possibile trovarne.
Ha spiegato Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia: «Con l’andare avanti di questa guerra atroce, i mezzi a disposizione della popolazione per far fronte alla carestia di cui sono vittime, sono diventati sempre più disperati. Per poter far sopravvivere almeno una parte della propria famiglia, sono costretti a prendere decisioni che distruggeranno per sempre la vita dei loro figli. Tutto questo è disumano, eppure è la conseguenza diretta di una catastrofe provocata dall’uomo, perché all’origine di questo orrore dentro l’orrore, c’è il conflitto in corso. La comunità internazionale deve fare tutto ciò che è in suo potere per porre fine ai combattimenti e assicurare alla popolazione il cibo, l’acqua e le medicine di cui ha un disperato bisogno».
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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