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Uscito nelle sale all’inizio del 2018, Tre manifesti a Ebbing, Missouri del regista Martin McDonagh non si può dire sia stato campione di incassi né in Italia né sul mercato globale. Speriamo abbia conquistato qualche spettatore in più dalla fine dell’anno, quando è stato inserito nella programmazione di SKY Cinema. Eppure ne sentiremo ancora parlare, anzi lo troveremo di certo in tutti i cineforum metropolitani e di provincia in cui si formeranno le nuove generazioni.
D’altra parte la messe di riconoscimenti conquistati è davvero impressionante: due premi Oscar (miglior attrice protagonista a Frances McDormand, miglior attore non protagonista a Sam Rockwell); premio per la migliore sceneggiatura a Martin McDonagh a Venezia 2017; quattro Golden Globes 2018 (miglior attore non protagonista, migliore sceneggiatura, miglior film drammatico, miglior attrice in un film drammatico); e ancora riconoscimenti quale miglior film, miglior film britannico, migliore sceneggiatura originale, migliore attrice e miglior attore non protagonista da parte della British Academy of Film and Television Art 2018.
Tre Manifesti a Ebbing, Missouri narra la storia di una madre in cerca di giustizia per la figlia, che si scontra frontalmente con il locale commissariato di polizia in tutt’altre vicende affaccendato. Dopo mesi di indagini pigre e inconcludenti sull’omicidio, Mildred Hayes, interpretata dalla straordinaria Frances McDormand, rompe gli indugi e dichiara guerra alle indolenti forze dell’ordine. Sulla strada che porta in città, noleggia tre grandi cartelloni pubblicitari sui quali rivolge messaggi polemici all’indirizzo dello sceriffo William Willoughby, un più che convincente Woody Harrelson. L’uomo cerca di condurre a più miti consigli la donna, ma tutto si complica drammaticamente quando entra in scena il vicesceriffo Dixon (grandioso Sam Rockwell), uomo immaturo, violento, aggressivo, succube dell’anziana madre. Mildred ingaggia uno scontro diretto, frontale, fisico, senza esclusione di colpi.
Fin qui sembrerebbe il classico film di denuncia contro l’America profonda, bianca, razzista, sessista, omofoba. Quell’America che nonostante decenni di battaglie civili e di profonde innovazioni nei costumi resiste sorniona, indifferente a qualsiasi cambiamento e torna a mostrarsi quando meno te lo aspetti, quasi rispondesse ad un imprinting insopprimibile.
Eppure nella seconda parte il film prende tutt’altra direzione e inizia a scavare nell’animo delle persone, a svelare le storie più intime, nascoste sotto la scorza impenetrabile dello stereotipo. Sarà l’audacia, la tenacia, la disperazione di Mildred ad aprire un varco nell’animo dei suoi nemici. Lo scontro fisico, addirittura per la sopravvivenza, diventerà viatico per la ricerca della verità, per la “conversione” di quanto sembrava essere lontanissimo e ostile.
Nello stesso tempo nessuno cerca il consenso degli altri o afferma la bontà delle proprie azioni. La stessa Mildred è un personaggio duro, chiuso, violento. Non vuole comprensione, solo giustizia. E sulla sua strada non troverà mai simpatia o solidarietà. Lei stessa né è incapace. Anzi, bisognerà arrivare all’apice dello scontro perché possa aprirsi una sorta di illuminazione verso la verità. E l’epilogo non sarà un happy end ma un doloroso silenzio appena temperato dalla scoperta della verità.
Interpretazioni intensissime, scrittura solida, narrazione mai scontata, linguaggio duro, sentimenti mostrati in trasparenza, con pudore, sotto una maschera di dolore e sofferenza. In definitiva un film da vedere, un film che lascia un segno.
Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish, Lucas Hedges. Titolo originale: Three Billboards Outside Ebbing, Missouri. Coproduzione USA – Gran Bretagna 2017. Distribuzione 20th Century Fox.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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