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In arrivo le capsule che funzionano iniettando l’insulina nello stomaco

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Stanno arrivando le prime iniezioni ingoiabili, racchiuse in capsule in grado di resistere agli acidi gastrici e che, attraverso veri e propri aghi solubili, iniettano insulina.

Le capsule si chiamano Soma  (self-orienting millimeter-scale applicator) e sono state descritte sulla rivista Science ; sono composte in materiale biocompatibile e ideate per inserire direttamente nello stomaco l’insulina necessaria a chi soffre di diabete, in particolare quello Mellito di tipo 1.  Infine, sono state progettate negli Stati Uniti tra il Massachusetts Institute of Technology (Mit) e l’Università di Harvard.

Il funzionamento delle capsule avviene in tre fasi:

  • In primo luogo la capsula sfrutta la sua forma per restare in equilibrio in modo da mantenere la posizione verticale nello stomaco, e quindi permettere la corretta fuoriuscita degli aghi contro le pareti gastriche.
  • La seconda fase consiste nello spingere fuori gli aghi, bloccati fino a quel momento da una struttura di vetro-zucchero dalla forma di un disco, fissata in modo da tenere fermo il meccanismo che trattiene gli aghi e sensibile all’umidità. Quando il vetro-zucchero comincia a sciogliersi, gli aghi vengono liberati.
  • La terza fase consiste nella somministrazione del farmaco nella quantità programmata.

Non si pensi, naturalmente, a microaghi in acciaio che possano penetrare le carni: anche gli aghi sono costruiti in materiale biodegradabile e nel nostro corpo non ne resterà traccia.

Quindi, dopo le capsule con microcamera, è arrivato il momento delle capsule che, in alcuni casi, potranno sostituire le iniezioni.

Ha infatti dichiarato all’Ansa il dottor Giovanni Traverso, coordinatore del progetto, che lo stesso meccanismo di queste capsule potrebbe essere usato per la somministrazione di altri farmaci, spiegando: «Consideriamo questo risultato una prova della fattibilità della tecnica e adesso si apre un panorama molto ampio. Con la nuova tecnica, per esempio, si potrebbero somministrare farmaci di nuova generazione, come quelli a Dna e gli anticorpi monoclonali». Lo stesso Traverso ha aggiunto: «Al momento abbiamo sperimentato questa tecnica su ratti, maiali e cani e contiamo di cominciare i test sull’uomo entro tre anni».

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