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Il campo rom di Castel Romano abbandonato a se stesso

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Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio Onlus a Roma, ha affidato al suo blog diverse considerazioni sul campo rom di Castel Romano.

Sono considerazioni amare, accompagnate da dati e fatti di chi conosce molto bene la situazione di quel campo, paragonato a un girone infernale. Lì vivono, in container ormai fatiscenti, persone con malesseri di natura fisica e psicologica; uno spazio recintato immerso nel nulla dove sentirsi dimenticati fa parte della vita di ogni giorno.

Purtroppo nel tempo proprio su questo insediamento sono esistiti molti interessi economici, a partire da quelli del clan mafioso dei Casamonica; traffici che sono venuti alla luce con l’operazione Mafia Capitale.

Sciaguratamente nessun impegno a sostegno del campo rom è stato mantenuto, tanto è vero che continua a sorgere in un’area dove non sarebbe possibile alcun insediamento umano. Più precisamente si trova all’interno della Riserva naturale di Decima malafede, in territorio laziale, dove la Legge regionale n. 29/1977 recita le «Norme in materia di aree naturali protette regionali” garantendo misure di salvaguardia ambientale che possono essere derogate solo «in caso di necessità e urgenza o per ragioni di sicurezza pubblica».

Dopo numerose deroghe formulate dai vari sindaci di Roma che si sono susseguiti, nel luglio 2017 l’Ente gestore del Parco – all’estinguersi dell’ultima deroga – intima al Comune di Roma il ripristino dell’area. Pochi mesi dopo la Giunta comunale presieduta da Virginia Raggi presenta per iscritto il “Progetto per il superamento del campo di Castel Romano” da realizzarsi «in un arco temporale non inferiore a 4 (quattro) anni». Il progetto prevede:

  • Entro gennaio 2018: deliberazione di Giunta per estendere le misure del “Piano rom” a Castel Romano.
  • Entro marzo 2018: censimento patrimoniale degli ospiti e creazione di un Tavolo municipale.
  • Entro aprile 2018: bando per il reperimento dell’organizzazione incaricata di attuare il progetto di inclusione.
  • Entro giugno 2018: rientri assistiti e stipula di protocolli con organismi vari.
  • Entro dicembre 2018: attuazione del progetto di inclusione.
  • Entro dicembre 2020: demolizione container e bonifica dell’area.

A oggi nulla di quanto sopra è stato realizzato.

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