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E’ successo di nuovo. Non avevamo ancora dimenticato gli occhi smarriti e i visi provati degli immigrati bloccati per giorni sull’Aquarius (leggi editoriale), che altri volti, altri sguardi, altre sofferenze hanno turbato l’inizio di questo nuovo anno.
Come avrete già capito ci riferiamo alle 49 persone “sequestrate” per circa 20 giorni sulle navi Sea Watch e Sea Eye delle Ong, al largo delle coste maltesi. Ne parliamo oggi che donne, uomini e bambini sono finalmente al sicuro, sbarcati nell’isola del Mediterraneo dopo lunghe e angoscianti giornate trascorse in mare tra nausea, disidratazione e, senza dubbio, grande sconforto. Un’odissea generata dal lungo ed estenuante braccio di ferro tra i vari Stati europei che, ancora una volta purtroppo, hanno deciso di arroccarsi sulle loro posizioni sulla pelle di un gruppo di poveri sventurati.
E’ l’Europa unita solo sulla carta, che davanti al problema immigrazione, da anni ormai, continua a fare acqua (è proprio il caso di dirlo) da tutte le parti. E’ il balletto dei potenti che mostrano i muscoli mentre c’è chi rischia di morire in mare. E’ il rimpallo delle responsabilità che si ripresenta puntuale ogni volta che un barcone carico di immigrati si avvicina alle coste e viene recuperato dalle navi delle Ong che, nonostante tutto, continuano a non far mancare mai la loro preziosa presenza.
Una situazione che, come dicevamo, dopo il caso dell’Aquarius speravamo di non dover rivivere mai più e che, invece, è tornata a verificarsi di nuovo. E probabilmente accadrà ancora. Perché se è vero che anche in questo caso la soluzione alla fine è arrivata, con la suddivisione dei 49 immigrati in diversi Paesi dell’Europa, tra cui proprio l’Italia, è altrettanto vero che non sembra esserci alcuna volontà di chiarire una volta per tutte la situazione e di adottare un “disciplinare” condiviso da applicare ogni volta che si verifichino episodi di questo genere.
C’è da aggiungere che questo episodio sembra aver creato un duro scossone non soltanto ai rapporti internazionali, ma anche e soprattutto a quelli interni, con il ministro Salvini che si è sentito escluso e scavalcato dal premier Conte, lamentando di non essere stato coinvolto nella decisione. Lo stesso Salvini che ha attaccato durante Malta per non aver rispettato, a suo dire, gli accordi presi in occasione dello sbarco di altri immigrati nel corso dell’estate.
A schierarsi a favore dell’accoglienza, in occasione dell’Angelus dell’Epifania, era stato anche papa Francesco. “Da parecchi giorni 49 persone a bordo di Sea Watch e Sea Eye, le navi delle Ong, sono in cerca di un porto sicuro dove sbarcare. Rivolgo un accorato appello ai leader europei perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di questi uomini e donne”, aveva commentato il Pontefice.
Ma evidentemente gli interessi politici e la corsa al consenso vanno ben oltre quasi valore di misericordia e solidarietà.
Il direttore
Sono nata ad Avezzano (L’Aquila) sotto il segno dell’acquario, il 18 febbraio 1981, e dal 2009 vivo a Montesilvano (Pescara). Socievole, chiacchierona e curiosa dalla nascita, ho assecondato questa naturale inclinazione laureandomi a 24 anni in Scienze della Comunicazione a Perugia e scegliendo il giornalismo come ragione di vita prima ancora che come professione. Dopo diverse esperienze come giornalista di carta stampata e televisiva, dal 2012 mi occupo di cronaca per il quotidiano abruzzese il Centro, oltre a curare diversi progetti come freelance. Tra le mie più grandi passioni, oltre alla scrittura, ci sono i viaggi, la fotografia e il cinema, che nel 2011 mi hanno portato a realizzare, come coautrice, un documentario internazionale sulla figura della donna nell’area del Mediterraneo. Dall’estate 2015 ho il privilegio di dirigere il portale Felicità pubblica. Indipendente, idealista e sognatrice, credo nella famiglia, nell’amore, nell’amicizia e nella meritocrazia e spero in un futuro lavorativo migliore per i giovani giornalisti che, come me, preferiscono tenere i sogni in valigia piuttosto che chiuderli in un cassetto.
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