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Della nave Aquarius di Sos Mediterranée abbiamo scritto diverse volte, per esempio qui quando tutti erano convinti che riprendesse la navigazione, oppure qui quando il nostro direttore nel suo editoriale spiegava quanto fosse occorso alla nave.
Purtroppo la Aquarius non potrà riprendere il mare perché non solo non ha una bandiera, ma Sos Mediterranéè ha deciso (congiuntamente alla Ong Medici Senza Frontiere che operava sulla nave) di chiudere le operazioni di soccorso in mare, come riportato in un comunicato, «dopo 18 mesi di criminalizzazione, discredito e diffamazione contro le Ong che effettuano ricerche e salvataggi in mare e dopo che è stato riscontrato un alto tasso di incremento di morti in mare».
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’inchiesta e il successivo sequestro del mezzo da parte della procura di Catania, che ha elevato accuse di traffico e smaltimento illecito di rifiuti speciali. Fino a qualche mese fa la nave batteva la bandiera di Gibilterra, ritirata dopo le prime polemiche sull’operato delle Ong impegnate nei soccorsi nel Mediterraneo. Poi era arrivata la disponibilità di Panama, ma il Paese centroamericano ha fatto retromarcia.
A dirla tutta, per risolvere almeno il problema della bandiera, l’ultima speranza era la Svizzera, ma il Consiglio federale del Paese ha rigettato la mozione per la concessione della bandiera.
Ha spiegato con rammarico Federic Penard – capo delle operazioni di Aquarius – in una conferenza stampa di pochi giorni fa a Parigi: «L’Aquarius ha operato per due anni nel Mediterraneo centrale, considerato la rotta più pericolosa al mondo e ha salvato 30 mila persone. L’abbiamo fatto perché lo consideravamo un dovere. Ma da un anno e mezzo c’è stata un’inversione di priorità in Europa, a poco a poco le considerazioni politiche hanno preso il sopravvento sui valori, sul diritto marittimo e sul valore della vita umana. Questa inversione di priorità ha legittimato un modo di pensare, che ha portato alla criminalizzazione di chi fa salvataggio e di tutte le navi in mare; l’Aquarius ha sempre rispettato tutte le leggi, ma la criminalizzazione ha preso a poco la forma dell’interdizione allo sbarco».
Poi ha ricordato con dolore che, nell’ultimo naufragio nel Mediterraneo, sono morte di fame e di stenti ben 15 persone solo perché non c’era alcuna nave nella zona.
Dello stesso tenore è stata la dichiarazione di Sophie Beau, direttore della stessa Ong, che spiega come i soccorritori abbiano svolto un grande lavoro, con mobilitazioni di volontari anche a terra. Con decisione sottolinea: «In questi anni Aquarius è diventato un simbolo doppio, da una parte del fallimento europeo nella non assistenza delle persone in mare e allo stesso tempo simbolo di speranza e della mobilitazione europea. Per questo è nostro dovere morale ripartire in mare, oggi siamo più forti che mai, forti del supporto della società civile» e amareggiata continua: «Dicevano che Aquarius prendeva le persone in acque libiche, vicino alla spiaggia. C’è stata una manipolazione politica dietro a tutto questo. L’assistenza alle persone che stanno morendo non è una questione oggetto di dibattito pubblico, ma è un imperativo morale».
Una denuncia ancora più esplicita arriva dal segretario generale di Amnesty International (che non le manda mai a dire) Kumi Naidoo che con fermezza evidenzia: «Quest’anno sono annegate oltre 2.100 persone. La maggior parte di loro era in fuga dalla violenza, dalla tortura e dalla detenzione arbitraria in Libia. Nello stesso periodo i governi europei non solo non hanno contribuito alla ricerca e al soccorso in mare ma hanno persino aiutato la Guardia costiera libica a riportare persone in Libia e attivamente ostacolato le operazioni di salvataggio di vite umane come quelle portate avanti dalla nave Aquarius. Così facendo, i leader europei hanno mostrato quali sono le loro reali priorità: la chiusura, ai migranti e ai rifugiati, della rotta del Mediterraneo centrale anche a costo dell’aumento delle morti in mare. Oggi rendiamo omaggio alla nave Aquarius e al suo coraggioso equipaggio. Continueremo a stare dalla loro parte, sfidando le politiche crudeli e illegali che condannano le persone ad annegare».
Va comunque rilevato che dal quartier generale di Parigi di Sos Mediterranéè arrivano rassicurazioni sul fatto che questo di adesso sarà solo un arrivederci e non un addio. Infatti si sta già lavorando per cercare un altro armatore, un’altra nave e una bandiera di un Paese che sposi i principi e i valori dell’operazione, per tornare in mare il prima possibile.
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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