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Così sono costrette a vivere le famiglie rom a Melito Porto Salvo

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La situazione che riguarda il campo nomadi di Melito Porto Salvo, nel reggino, è una vera e propria emergenza sanitaria. Qui da circa cinquant’anni vivono delle famiglie rom nei resti di quella che era la baraccopoli-ghetto di via Del Fortino. Sono circondati dallo squallore più assoluto, tra case abbandonate, rifiuti che abbondano ovunque e addirittura una fogna che scarica liquami a cielo aperto. Aggiungiamo pure la presenza di insetti e animali che hanno trasmesso le pulci ai bambini del campo e il quadro è completo. Comprensibilmente, gli abitanti del luogo hanno dichiarato: «Non siamo animali. Anche noi abbiamo i nostri diritti. Non è che perché siamo zingari e non abbiamo soldi ci possono lasciare vivere tra la fogna e gli insetti».

Naturalmente sono molto le famiglie ad aver espresso la volontà di abbandonare il luogo, e per questo motivo hanno fatto richiesta al Comune di una casa popolare. Altri, di diverso avviso, hanno chiesto di rimanere nello stesso luogo chiedendo però espressamente una bonifica dell’area.

Una bonifica, peraltro, necessaria in ogni caso dal momento che proprio vicino al campo c’è una costruzione che era il vecchio palazzetto dello sport, sequestrato però nel 2016 per attività illecita di smaltimento rifiuti, un crimine che pare continui ancora oggi indisturbato. In ogni caso, il suo interno è una discarica dove giocano diversi bambini tra insetti ed eternit.

Di tanto in tanto il cumulo di rifiuto viene bruciato con il risultato di pericolosi fumi tossici che raggiungono il campo rom così come le altre case vicine alla zona.

Chi ha cercato di risolvere la situazione, più di tutti, è stata l’associazione “un mondo di mondi”, presieduta da Giacomo Marino che a più riprese aveva parlato delle problematiche del campo in questione. È infatti partita dalla stessa associazione l’iniziativa di informare il Comune sulle precaria condizione del campo, descrivendo la gravità delle condizione igienico-sanitarie e addirittura allegando i certificati medici dei bambini morsi dalle pulci.

Per tutte queste ragioni l’associazione ha chiesto che il Comune destini nel più breve tempo possibile degli alloggi con un’equa dislocazione abitativa, in modo da non creare ghetti e, più in generale, per favorire una vera inclusione sociale.

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