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Dopo alcune importanti anteprime, ha debuttato lo scorso 12 ottobre a Matera #IOSIAMO: il primo spettacolo di teatro dedicato al volontariato e alle storie dei volontari firmato da Tiziana Di Masi. #IOSIAMO vanta la co-produzione del Teatro Nuovo – Teatro Stabile di Verona, la collaborazione con l’associazione culturale Cikale di Vicenza e il patrocinio nazionale del CSVnet, l’associazione centri di servizio per il volontariato,
Proprio per questo, la prima di #IOSIAMO si è svolta nell’ambito della conferenza nazionale di CSVnet, l’evento di volontariato più importante in Italia, e ha avuto come obiettivo raccontare le storie dei volontari che dedicano parte delle proprie giornate ad aiutare i più bisognosi. È la stessa Di Masi a spiegare il titolo del suo spettacolo: per dedicare parte de proprio tempo al prossimo è necessario superare la visione individualistica ed egocentrica su cui siam soliti costruire il nostro mondo e spostare finalmente l’attenzione dall’io al noi. Una chiave vincente che punta alla realizzazione personale attraverso il benessere collettivo.
A seconda del luogo nel quale lo spettacolo verrà rappresentato, #IOSIAMO si concluderà con una storia dedicata al volontariato della città ospitante: una racconto “a km zero” per coinvolgere gli spettatori e convincerli ad abbracciare le realtà di volontariato che operano nel loro stesso territorio ma che moto spesso non si conoscono affatto.
Tra le storie di #IOSIAMO ricordiamo quella di Norina Ventre, “Mamma Africa”, che dà da mangiare agli immigrati come anni addietro si faceva con i lavoratori agricoli meridionali, e quella degli attivisti del territorio campano tristemente noto come “Terra dei fuochi”.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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