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Chiudiamo gli occhi e contiamo fino a cinque. Uno, due, tre, quattro, cinque. E poi ancora uno, due, tre, quattro, cinque. E così ancora, e ancora e ancora.
Sono i numeri terrificanti che arrivano dal nuovo rapporto Unicef che mette in luce come ogni 5 secondi, nel mondo, un bambino perda la vita. Se moltiplichiamo questo numero per i minuti contenuti in un’ora e poi per le ore contenute in un giorno, e ancora per i giorni contenuti in un anno, il conto è presto fatto: nel 2017 sono morti circa 6,3 milioni di bambini sotto i 15 anni.
La metà di questi decessi è avvenuta nell’Africa subsahariana, la maggior parte di queste morti – 5,4 milioni – nei primi 5 anni di vita, e per circa la metà hanno riguardato dei neonati. I paesi in cui si è registrato un tasso maggiore di mortalità sotto i 5 anni sono: Somalia (127 su 1.000 nati vivi), Ciad (123), Repubblica Centrafricana (122), Sierra Leone (111) e Mali (106).
Sembrerà assurdo ma questi numeri sono addirittura rosei se paragonati a qualche anno fa. Il numero dei bambini sotto i 5 anni che hanno perso la vita, infatti, è diminuito fortemente, passando dai 12,6 milioni del 1990 ai 5,4 milioni dello scorso anno. Nello stesso periodo, il numero di morti fra i bambini di età maggiore, fra i 5 e i 14 anni, è calato da 1,7 milioni a meno di un milione.
Ma evidentemente c’è poco da gioire perché, come evidenzia Laurence Chandy, direttore dei Dati, ricerca e politiche dell’Unicef, «senza un’azione immediata, entro il 2030 moriranno 56 milioni di bambini sotto i 5 anni, la metà dei quali neonati. Dal 1990 abbiamo compiuto notevoli progressi per salvare i bambini», continua, «ma in milioni stanno ancora morendo a causa delle circostanze e del luogo in cui nascono. Con soluzioni semplici come medicine, acqua pulita, energia elettrica e vaccini, possiamo cambiare questa realtà per ogni bambino».
Mette i brividi il pensiero che la maggior parte di questi bimbi muoia per cause prevenibili o curabili come complicazioni durante la nascita, polmonite, diarrea, sepsi neonatale e malaria. Gli infortuni diventano, invece, sempre più causa di morte tra i bambini fra i 5 e i 14 anni, soprattutto per annegamento e incidenti stradali. Anche in questa fascia di età esistono differenze a livello regionale: un bambino proveniente dall’Africa Subsahariana ha un rischio di morte 15 volte maggiore che in Europa.
Cosa aggiungere a questi dati? Le parole davvero a volte mancano per commentare una simile ingiustizia. Siamo in grado di cercare acqua su Marte ma non di fornirla potabile ai bambini dell’Africa e forse su questo dovremmo davvero riflettere in silenzio.
Il direttore
Vignetta di copertina: Freccia.
Sono nata ad Avezzano (L’Aquila) sotto il segno dell’acquario, il 18 febbraio 1981, e dal 2009 vivo a Montesilvano (Pescara). Socievole, chiacchierona e curiosa dalla nascita, ho assecondato questa naturale inclinazione laureandomi a 24 anni in Scienze della Comunicazione a Perugia e scegliendo il giornalismo come ragione di vita prima ancora che come professione. Dopo diverse esperienze come giornalista di carta stampata e televisiva, dal 2012 mi occupo di cronaca per il quotidiano abruzzese il Centro, oltre a curare diversi progetti come freelance. Tra le mie più grandi passioni, oltre alla scrittura, ci sono i viaggi, la fotografia e il cinema, che nel 2011 mi hanno portato a realizzare, come coautrice, un documentario internazionale sulla figura della donna nell’area del Mediterraneo. Dall’estate 2015 ho il privilegio di dirigere il portale Felicità pubblica. Indipendente, idealista e sognatrice, credo nella famiglia, nell’amore, nell’amicizia e nella meritocrazia e spero in un futuro lavorativo migliore per i giovani giornalisti che, come me, preferiscono tenere i sogni in valigia piuttosto che chiuderli in un cassetto.
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