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Apertura domenicale sì o no? E’ questo il dubbio amletico che in questi giorni sta spaccando a metà l’Italia tra favorevoli e contrari ai negozi aperti anche nel giorno dedicato storicamente e religiosamente al riposo.
Da un lato ci sono i consumatori, che lavorando tutta la settimana chiedono di poter dedicare il loro giorno libro alla spesa settimanale o allo shopping in generale. A questa categoria si uniscono molti commercianti che conoscono bene il volume di affari registrato nei weekend. Dall’altro però c’è chi si dichiara vittima di un sistema che non consente di godere del giorno in cui tutti gli altri riposano. Sono i lavoratori, in particolare quelli dei grandi centri commerciali, sottoposti spesso a turni usuranti e a momenti di riposo sempre più sporadici. Questo avviene anche perché assumere un lavoratore costa tanto, troppo. E allora il proprietario di un’attività preferisce “spremere” un solo lavoratore piuttosto che assumerne due e consentire dei turni equi.
Vista in quest’ottica verrebbe da dire automaticamente: chiudiamo tutti i negozi e lasciamo ai lavoratori la domenica libera per stare in famiglia. Ma sentiamo davvero l’esigenza di fare questo tuffo nel passato? Di tornare a quando il settimo giorno della settimana si indossava il vestito buono, si andava a messa e poi si sedeva tutti insieme intorno a una tavola imbandita e si godeva della gioia di stare in famiglia? Sarebbe bello ma quanto meno anacronistico.
Oggi le abitudini sono cambiate, così come anche le famiglie. Il gran numero di single, a cui si aggiungono i genitori separati che possono trascorrere del tempo con i propri figli a settimane alterne, ma anche il sempre crescente numero di lavoratori che svolgono la propria attività di domenica: sono tutti fattori che senza dubbio influenzano la routine quotidiana e che, probabilmente, rendono ormai sorpassato il concetto di domenica festiva.
Sono di parte? Probabilmente sì. Da bambina i miei genitori avevano un ristorante e quindi la domenica non era affatto dedicata ai pranzi di famiglia, così come da adulta il mio lavoro di giornalista non mi ha mai abituato al riposo nei giorni festivi. E’ probabilmente per questa ragione che non trovo nulla di male nell’ipotesi di apertura domenicale dei negozi.
Se a questo aggiungiamo la crisi generale del commercio e la sempre più diffusa abitudine di acquistare online, allora forse tenere le saracinesche abbassate tutte le domeniche potrebbe essere davvero un colpo di grazia al settore.
Ciò che senza dubbio mi sento di sottolineare però è che gli eccessi non sono mai la soluzione. Per questo personalmente dico no ai negozi aperti h24 e 7 giorni su 7 e soprattutto no allo sfruttamento del lavoro.
In medio stat virtus dicevano i latini e forse avevano proprio ragione.
Il direttore
Vignetta di copertina: Freccia
Sono nata ad Avezzano (L’Aquila) sotto il segno dell’acquario, il 18 febbraio 1981, e dal 2009 vivo a Montesilvano (Pescara). Socievole, chiacchierona e curiosa dalla nascita, ho assecondato questa naturale inclinazione laureandomi a 24 anni in Scienze della Comunicazione a Perugia e scegliendo il giornalismo come ragione di vita prima ancora che come professione. Dopo diverse esperienze come giornalista di carta stampata e televisiva, dal 2012 mi occupo di cronaca per il quotidiano abruzzese il Centro, oltre a curare diversi progetti come freelance. Tra le mie più grandi passioni, oltre alla scrittura, ci sono i viaggi, la fotografia e il cinema, che nel 2011 mi hanno portato a realizzare, come coautrice, un documentario internazionale sulla figura della donna nell’area del Mediterraneo. Dall’estate 2015 ho il privilegio di dirigere il portale Felicità pubblica. Indipendente, idealista e sognatrice, credo nella famiglia, nell’amore, nell’amicizia e nella meritocrazia e spero in un futuro lavorativo migliore per i giovani giornalisti che, come me, preferiscono tenere i sogni in valigia piuttosto che chiuderli in un cassetto.
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