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Un proiettile a Roma che parte e “per sbaglio” colpisce una bambina rom. Un altro che parte nel vicentino e “per sbaglio” ferisce un operaio di Capo Verde. Un uovo che viene lanciato a Moncalieri e “per sbaglio” graffia la retina di un’atleta di colore.
Quanti sbagli nelle ultime settimane e, guarda caso, tutti ai danni di persone di etnia “diversa”. A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina, diceva Andreotti. Consentitemi allora di pensare male quando sento dire che la piccola Cirasela è stata ferita per sbaglio, che se probabilmente non potrà più camminare non è a causa del suo essere rom, che a sparare quel proiettile a piombini non è stata una mano alimentata da odio razziale e che l’uomo che ha detto di essere dispiaciuto che non si trattasse di un proiettile vero è solo un simpatico burlone.
Consentitemi di pensare male quando sento dire che la persona che ha ferito l’operaio capoverdiano intento a svolgere il suo lavoro su un ponteggio voleva sparare a un piccione, o quando sento dire che il gesto non sarebbe legato a odio razziale solo perché in casa di colui che ha sparato non è stato rintracciato nessun elemento che possa far pensare a questa matrice. Come se ogni razzista dovesse avere il poster di Hitler appeso in casa e una copia del “Mein Krampf” poggiato sul comodino.
Consentitemi di pensare male quando sento dire che un’atleta ha rischiato di non poter partecipare agli Europei di atletica perché raggiunta da un uovo in un occhio, soprattutto se questa italianissima sportiva ha origini nigeriane e la pelle nera. Consentitemi di pensare male se si dice che non è quello il movente, se è lei stessa a sostenere il contrario.
Qualcuno dirà che si tratta di casi isolati e che non si può creare allarmismo per tre semplici casi a fronte di 60 milioni di abitanti. Non sono d’accordo e non lo sono perché il razzismo che percepisco nelle strade, in televisione, sui social network è ormai dilagante. Ma soprattutto perché la maggior parte di coloro che sento pronunciare frasi intolleranti vogliono far credere agli altri di non esserlo. O forse ci credono anche loro.
E allora è giusto che qualcuno glielo faccia capire. E’ giusto che qualcuno li fermi prima che possano “contagiare” altre persone. E’ giusto fermare questa escalation prima che sia troppo tardi.
Il direttore
Vignetta di copertina: Freccia.
Sono nata ad Avezzano (L’Aquila) sotto il segno dell’acquario, il 18 febbraio 1981, e dal 2009 vivo a Montesilvano (Pescara). Socievole, chiacchierona e curiosa dalla nascita, ho assecondato questa naturale inclinazione laureandomi a 24 anni in Scienze della Comunicazione a Perugia e scegliendo il giornalismo come ragione di vita prima ancora che come professione. Dopo diverse esperienze come giornalista di carta stampata e televisiva, dal 2012 mi occupo di cronaca per il quotidiano abruzzese il Centro, oltre a curare diversi progetti come freelance. Tra le mie più grandi passioni, oltre alla scrittura, ci sono i viaggi, la fotografia e il cinema, che nel 2011 mi hanno portato a realizzare, come coautrice, un documentario internazionale sulla figura della donna nell’area del Mediterraneo. Dall’estate 2015 ho il privilegio di dirigere il portale Felicità pubblica. Indipendente, idealista e sognatrice, credo nella famiglia, nell’amore, nell’amicizia e nella meritocrazia e spero in un futuro lavorativo migliore per i giovani giornalisti che, come me, preferiscono tenere i sogni in valigia piuttosto che chiuderli in un cassetto.
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