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Somalia: per la prima volta a processo le mutilazioni genitali femminili

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Lo ha annunciato il procuratore generale della Somalia Ahmed Ali Dahir: con una svolta storica verrà affrontata per la prima volta in tribunale la questione delle mutilazioni genitali femminili, allo scopo di condannare chi le pratica.

La notizia è stata diffusa da Ifrah Ahmed, attivista, insieme al movimento End FGM.

Si celebrerà dunque il processo per chi ha causato la morte di una bambina di appena dieci anni, Deeqa Dahir Nuur, dissanguata a seguito di una mutilazione genitale femminile che le ha procurato l’emorragia.

Deeqa, infatti, ha subito la mutilazione il 14 luglio ed è morta dopo pochi giorni di agonia. È morta dopo essere stata operata da un guaritore tradizionale; successivamente è intervenuto un altro medico senza però riuscire a salvarla poiché gran parte dell’apparato genitale era stato compromesso e l’emorragia impossibile da fermare.

Purtroppo ancora oggi la Somalia è il Paese con il più alto tasso di incidenza della pratica, peraltro diffusa in 28 paesi del mondo, dall’Africa, al Medio Oriente, all’Asia, mentre alcuni Paesi  l’hanno ufficialmente proibita.

Il 95% delle bambine somale tra i 4 e gli 11 anni è costretto a sottoporsi a questa barbara pratica che spesso avviene senza anestesia, in condizioni igieniche assenti, con strumenti rudimentali quali coltelli, lamette, rasoi o addirittura pezzi di vetro. Difficilmente viene praticata da medici, perché la maggior parte della popolazione vive in villaggi che non godono di alcuna assistenza sanitaria.

Nel Paese africano non c’è una legge che proibisce le mutilazioni genitali femminili, considerate ancora una tradizione e un obbligo religioso (che però non è affatto sancito dal Corano).

Va da sé che l’obiettivo del procuratore generale Dahir sia quello di condannare i colpevoli della morte di Deeqa appellandosi al codice penale che stabilisce come sia un reato danneggiare fisicamente qualcuno.

Il vice primo ministro del Paese Mahdi Mohamed Gulaid ha dichiarato: «Questo è davvero un momento cruciale per il nostro Paese. Queste cose non devono più succedere nel 21esimo secolo perché non sono parte della nostra religione o cultura ». E se lo dice lui, non resta che attendere gli sviluppi.

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