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La tribù amazzonica degli indigeni Yanomami è minacciata da un’epidemia di morbillo.
È stato Survival International – il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni – a lanciare l’allarme, chiedendo alle autorità venezuelane di intervenire con urgenza per fornire assistenza medica alle comunità di questi indigeni: «Se non saranno adottate al più presto misure d’emergenza, questa devastante epidemia potrebbe uccidere centinaia di indigeni».
Le tribù degli Yanomami vivono in relativo isolamento nelle foreste pluviali al confine tra Brasile settentrionale e Venezuela meridionale, lontane dalla società moderna e da un mondo cui loro non appartengono.
Nonostante la loro scelta di isolamento per poter perpetuare la vita dei propri avi, anche per gli Yanomami è difficile fuggire da quella definita “civiltà”, dal momento che il loro territorio è stato invaso da cercatori d’oro clandestini che hanno portato con sé, oltre a violenza e distruzione di habitat, anche malattie che il sistema immunitario degli indigeni non riesce a fronteggiare.
Ecco quindi che il morbillo, considerato ormai quasi banale in molte zone del mondo – spesso in concreto eradicato grazie alle vaccinazioni – ha trovato terreno fertile in una zona così isolata geograficamente e così lontana da un’assistenza medica persino di prevenzione.
Secondo le osservazioni della Ong venezuelana Wataniba, la malattia avrebbe colpito soprattutto persone maggiori di 25 anni e di sesso maschile, mentre solitamente colpisce bambini e adolescenti sotto i 15 anni di qualsiasi genere: questo cambio di rotta del morbo può essere considerato allarmante, soprattutto perché evidenzia la vulnerabilità degli indigeni.
Non solo, dal momento che Stephen Corry, direttore generale di Survival International ha dichiarato: «Quando i popoli indigeni vengono contagiati da malattie comuni come morbillo o influenza, che non hanno mai conosciuto prima, sono in molti a morire. Intere popolazioni possono essere spazzate via. Queste tribù sono i popoli più vulnerabili del pianeta. L’assistenza medica urgente è la sola cosa che può salvare queste comunità dalla distruzione».
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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