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Ebola: pronti i vaccini per il Congo tra mille difficoltà

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Come avevamo avuto modo di spiegare in questo articolo, l’ebola è tornata a mietere vittime nella Repubblica Democratica del Congo, in Africa.

Il vaccino esiste, è il rVSV-ZEBOV prodotto dall’azienda farmaceutica Merck. L’Oms nel 2016 ha pubblicato i risultati di uno studio condotto in Guinea che ha dimostrato come il preparato funzioni e sia sicuro. Il vaccino, pur avendo superato gli studi di fase 3, non è stato però ancora autorizzato dalle autorità di regolamentazione competenti.

Ma il tempo stringe, in Congo si muore ogni giorno e l’ebola si diffonde rapidamente. Mentre si attende la licenza, sono già pronte oltre 7.500 dosi di rVSV-ZEBOV donate dalla Merck al Paese africano. Secondo protocollo, le vaccinazioni saranno effettuate dal governo del Congo e vari partner tra cui spiccano proprio l’Oms e Medici Senza Frontiere. Nel frattempo, è molto attiva anche Gavi, the Vaccine Alliance – partnership pubblico-privata che promuove l’uso dei vaccini in paesi a basso reddito – che sta raccogliendo circa un milione di dollari per i costi relativi agli operatori sanitari, alle forniture e ai trasporti.

Il dottor Oly Ilunga Kalenga, ministro della Sanità congolese ha spiegato in modo molto chiaro: «Dall’8 maggio siamo stati in uno stato di guerra. Il mondo intero ci sta osservando e la vaccinazione arriva al momento giusto per bloccare il progredire della malattia».

Se di fatto i vaccini esistono e sono pronti ad essere somministrati, i meriti sono in gran parte dell’Oms, dell’Unicef, di Medici Senza Frontiere e di Gavi.

Si punta molto sulla vaccinazione ad anello: dovrebbe consentire la formazione di un gruppo di individui molto vasto immuni all’ebola e dunque in grado di prevenirne la diffusione.

Il vero problema, attualmente, è però un altro: far sì che il vaccino arrivi in tutta la Repubblica Democratica del Congo. Un’impresa complessa, come spiega il dottor Berkley: « I vaccini dovranno essere trasportati in una delle sezioni più remote del Paese, dove non ci sono strade asfaltate, elettricità o telecomunicazioni, a una temperatura compresa tra meno 60 e meno 80 gradi centigradi».

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