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Consultando il dizionario Treccani, alla voce trash troviamo: “aggettivo. Di prodotto (libro, film, spettacolo televisivo e sim.) caratterizzato da cattivo gusto, volgarità, temi e soggetti scelti volutamente e con compiacimento per attirare il pubblico con quanto è scadente, di bassa lega, di infimo livello culturale”.
Ed è proprio questo l’aggettivo più appropriato per descrivere l’edizione del Grande Fratello che – fortunatamente – si è conclusa nei giorni scorsi. A scanso di equivoci è bene sottolineare sin da subito che non ho mai avuto pregiudizi nei confronti dei reality, al contrario. Ho seguito in particolare il Grande Fratello sin dalle prime edizioni e, nonostante debba ammettere che il livello della trasmissione non sia mai stato altissimo, fino a quest’anno non ho mai provato un simile sconcerto.
Certo, non stiamo parlando di un programma di approfondimento culturale, né tantomeno di una trasmissione stimolante intellettualmente, ma fino all’edizione 2018 il Grande Fratello è stato uno dei tanti modi per trascorrere una serata spensierata e – diciamocelo – per soddisfare il voyerismo che si nasconde in molti di noi.
Cosa è accaduto allora quest’anno di così grave da spingere addirittura molti sponsor a ritirarsi in corsa e a vietare alla casa di produzione di utilizzare il proprio marchio all’interno dell’abitazione più spiata d’Italia?
Di tutto e di più direi. Dalla violenza verbale a vere e proprie azioni di bullismo ai danni di una concorrente dal carattere non semplice, e forse scelta di proposito per creare “maretta” all’interno della casa. E ancora frasi offensive e volgari contro le donne, addirittura scritte su una maglietta di uno dei partecipanti, e poi esternazioni razziste e omofobe.
Si dice che il Grande Fratello rappresenti uno spaccato della società e forse nelle prime edizioni lo è stato. Dal pizzaiolo alla bagnina, passando per lo studente universitario e, certamente, per i “bellocci” con il sogno di sfondare in tv. Ma con il tempo quella genuinità si è persa sempre di più, per lasciare spazio a personaggi di dubbia moralità pronti a tutto pur di attrarre la curiosità morbosa del pubblico e restare nella casa di Cinecittà il più a lungo possibile.
Se già questo non bastasse, a dare il colpo di grazia alla trasmissione è stata la “regina” di Canale 5, Barbara D’Urso, che tornando alla conduzione dopo tanti anni ha portato all’interno della trasmissione tutto il peggio di quanto quotidianamente propone nei suoi programmi. Dal Ken umano – l’uomo che ha subito più di 60 interventi chirurgici per assomigliare al fidanzato di Barbie – alle fintissime e patetiche liti e riappacificazioni tra genitori famosi e figli abbandonati, per arrivare alle “pruriginose” chat a contenuto bollente del fidanzato di una nota politica italiana, solo per citarne alcune.
A rendere il tutto ancora più deprimente e disgustoso, il buonismo e le paternali della conduttrice, in realtà principale “complice” di tale deriva trash. Una paladina della giustizia che si professa dalla parte delle donne e contro ogni violenza, e poi puntualmente invita nelle sue trasmissioni il dietologo e farmacista più discusso d’Italia che utilizza come insulto “testa di donna”. Solo per fare un esempio.
Che dire allora? Per fortuna questa pessima edizione del Grande Fratello è finita!
Resta però un dubbio che mi assale: ma se non fosse solo la trasmissione ad aver subito questa deriva, ma l’intera società? Se i giovani fossero sempre più convinti che il vero successo nella vita è avere il maggior numero di follower sui social, anche a costo di rendersi ridicoli o volgari per ottenerli? Se la violenza verbale – tralasciando quella fisica – fosse solo un piccolo spaccato di quella che ogni giorno caratterizza il linguaggio di giovani e meno giovani?Del resto basta aprire i social network per capire che le regole del buongusto, dell’educazione o del semplice conversare civilmente sono diventate merce assai rara.
E’ questo forse il vero problema su cui dobbiamo riflettere e interrogarci tutti, perché il Grande Fratello finisce, tutto il resto no.
Il direttore
Sono nata ad Avezzano (L’Aquila) sotto il segno dell’acquario, il 18 febbraio 1981, e dal 2009 vivo a Montesilvano (Pescara). Socievole, chiacchierona e curiosa dalla nascita, ho assecondato questa naturale inclinazione laureandomi a 24 anni in Scienze della Comunicazione a Perugia e scegliendo il giornalismo come ragione di vita prima ancora che come professione. Dopo diverse esperienze come giornalista di carta stampata e televisiva, dal 2012 mi occupo di cronaca per il quotidiano abruzzese il Centro, oltre a curare diversi progetti come freelance. Tra le mie più grandi passioni, oltre alla scrittura, ci sono i viaggi, la fotografia e il cinema, che nel 2011 mi hanno portato a realizzare, come coautrice, un documentario internazionale sulla figura della donna nell’area del Mediterraneo. Dall’estate 2015 ho il privilegio di dirigere il portale Felicità pubblica. Indipendente, idealista e sognatrice, credo nella famiglia, nell’amore, nell’amicizia e nella meritocrazia e spero in un futuro lavorativo migliore per i giovani giornalisti che, come me, preferiscono tenere i sogni in valigia piuttosto che chiuderli in un cassetto.
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