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In molti casi non viene fatto con nessuna cattiveria, ma può avere conseguenze devastanti per un bambino molto piccolo. E’ la “Shaken Baby Syndrome”, la sindrome del bambino scosso, che si stima possa colpire 3 bambini di meno di 1 anno ogni 10.000 in Italia.
Si tratta di una forma di forma di maltrattamento che può avere esiti drammatici e la cui reale incidenza nel nostro Paese è difficile da stimare, per questo è bene sensibilizzare gli adulti e cercare di prevenire in ogni modo tale circostanza.
Da qui la decisione della Fondazione Terre des Hommes, che in collaborazione con un network di eccellenze ospedaliere ha lanciato nei mesi scorsi la prima campagna nazionale di sensibilizzazione sulla “Shaken Baby Syndrome”, dal titolo emblematico “Non scuoterlo mai!”.
La Fondazione, con l’ausilio degli esperti, ha stilato un decalogo composto da domande e risposte per conoscere meglio la sindrome e dunque scongiurarla.
1) Cos’è la “Shaken Baby Syndrome”?
Il bambino viene scosso violentemente per reazione al suo pianto inconsolabile, con conseguente trauma sull’encefalo e successive sequele neurologiche. Nei primi mesi di vita, infatti, i muscoli cervicali del collo sono ancora deboli e non riescono a sostenere la testa; se un bambino viene scosso con forza, il cervello si muove liberamente all’interno del cranio, provocando ecchimosi, gonfiore e sanguinamento dei tessuti.
2) A che età si manifesta il picco di incidenza?
Tra le 2 settimane e i 6 mesi di vita.
3) Quali sono i fattori scatenanti?
Scuotere il bambino, in genere, è la risposta ad un pianto “inconsolabile”. Gli adulti sentendosi impotenti, possono attivare dei comportamenti inappropriati. Secondo i dati resi noti dalla Società italiana di neonatologia i principali fattori “di rischio” che potrebbero aumentare la probabilità sono: famiglia mono-genitoriale, età materna inferiore ai 18 anni, basso livello di istruzione, uso di alcool o sostanze stupefacenti, disoccupazione, episodi di violenza in ambito familiare e disagio sociale.
4) Quando e perché scuotere un bambino diventa pericoloso?
Dalle “confessioni” dei responsabili si evince che in genere il bambino viene scosso energicamente circa 3-4 volte al secondo per 4-20 secondi.
5) Quali sono i principali segnali che dovrebbero accendere un ‘campanello d’allarme’?
Vomito, inappetenza, difficoltà di suzione o deglutizione, estrema irritabilità, letargia, assenza di sorrisi o di vocalizzi, rigidità o cattiva postura, difficoltà respiratorie, aumento della circonferenza cranica disarmonico rispetto a peso e altezza, difficile controllo del capo, frequenti e lamentosi pianti e, nei casi più gravi, convulsioni e alterazioni della coscienza, fino all’arresto cardiorespiratorio.
6) Quali danni può provocare lo scuotimento violento?
I danni di tipo neuro-psicologico possono manifestarsi, nei primi mesi di vita, sia da un punto vista motorio che del linguaggio. Le conseguenze più gravi riguardano: disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, della memoria e del linguaggio, disabilità fisiche, danni alla vista o cecità, disabilità uditive, paralisi cerebrale, epilessia, ritardo psicomotorio e ritardo mentale. Si stima che solo nel 15% dei casi non ci siano ripercussioni sulla salute del bimbo.
7) Possono esserci conseguenze anche psicologiche?
Sì, dando vita a problematiche relative allo sviluppo psico-motorio ma anche a disturbi comportamentali.
8) La Shaken Baby Syndrome può essere causa di morte?
Può portare anche al coma o alla morte fino in 1/4 dei casi diagnosticati.
9) Quali comportamenti i genitori dovrebbero assolutamente evitare?
Qualunque sia il motivo del pianto, non bisogna mai scuotere il bambino per calmarlo. Ma ad esempio cullarlo nella carrozzina, fargli fare un giro in macchina, un bagnetto rilassante. Se il pianto non si ferma e diventa esasperante, la cosa migliore da fare, se non si riesce più a gestire, è lasciare il bambino in un posto sicuro e allontanarsi fino a quando non si è riacquistato un certo equilibrio. O chiedere aiuto ad altri membri della famiglia e, nei casi più importanti, lasciare che un medico visiti il bambino.
10) Com’è possibile prevenire?
Attraverso corsi di formazione e un piano di sostegno/intervento di sollievo per i genitori in difficoltà.
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