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Novità sul fronte salute grazie alle nuove tecnologie: pare infatti che la realtà virtuale possa essere un’alleata preziosa per combattere ictus e infarto. A vagliare le effettive potenzialità di questo nuovo itinerario sarà il Politecnico di Milano che, attraverso i progetti Insist (IN-Silico trials for treatment of acute Ischemic STroke) e InSilc (In-silico trials for drug-eluting BVS design, development and evaluation), potrà contare sul finanziamento complessivo di 11,3 milioni di euro provenienti dal programma europeo Horizon 2020.
La realtà virtuale effettuerà simulazioni numeriche realizzate al computer che aiuteranno a sviluppare dispositivi medici, farmaci e tecniche chirurgiche sempre più efficaci. L’obiettivo è ridurre sia i margini d’insuccesso che i test sugli animali.
I progetti di durata triennale e quadriennale saranno condotti presso il Laboratorio di Meccanica delle Strutture biologiche (LaBS) del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica ‘Giulio Natta’ del Politecnico di Milano e vanteranno la collaborazione con prestigiosi partner accademici. Il gruppo di ricerca LaBS (guidato da Gabriele Dubini, Francesco Migliavacca, Giancarlo Pennati, Lorenza Petrini e José Félix Rodriguez Matas) realizzerà invece dei modelli basati sulle immagini mediche usate di routine negli ospedali e in grado di mostrare dettagliatamente l’anatomia vascolare di pazienti colpiti da ictus o da malattie cardiache.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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