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Spegnere la luce è un gesto semplice e quotidiano ma che può assumere valenza simbolica se a essere spente sono all’unisono milioni di lampadine. Con l’obiettivo di porre all’attenzione dei potenti le pesanti ripercussioni provocate dal cambiamento climatico sul nostro Pianeta, sabato 24 marzo torna, dalle 20.30 alle 21.30 di ciascun Paese del Mondo, Earth Hour – Ora della Terra: la più grande mobilitazione globale organizzata dal Wwf in difesa del Pianeta.
Per sessanta minuti case, edifici e monumenti di tutto il mondo saranno avvolti dal buio e, in Italia, non faranno eccezione neppure il Colosseo e la Basilica di San Pietro. Lo scorso anno l’iniziativa ha ottenuto un successo straordinario coinvolgendo circa 7.000 città di oltre 184 Paesi del mondo; centinaia di milioni di persone hanno utilizzato l’hashtag #EarthHour e si è arrivati all’impressionante cifra di 3 miliardi di azioni social sul tema.
Reduci dal successo del 2017, quest’anno, in occasione dell’undicesimo compleanno di Earth Hour, la parola d’ordine scelta dal Wwf sarà Connect2Earth. Lo slogan ha come scopo ribadire il legame esistente tra il benessere dell’uomo e l’equilibrio planetario; a questo proposito è nata anche la piattaforma connect2earth.org: progettata dal Segretariato della Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite al fine di approfondire temi come la salute degli oceani, le economie sostenibili e, più in generale, tutte le azioni finalizzate a migliorare la difficile situazione climatica del nostro Pianeta.
Il progetto è sostenuto anche dal Ministero dell’Ambiente della Germania e l’International Climate Initiative. «Stiamo spingendo il pianeta e i suoi sistemi naturali ai limiti delle loro possibilità – rileva Donatella Bianchi presidente del Wwf Italia – e Earth Hour è l’occasione per usare il nostro potere, sia come individui che come collettività, mettendo in moto azioni concrete per cercare di salvare il sistema Terra».
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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