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Alla fine degli anni dieci del Ventunesimo secolo, la didattica sta mutando le proprie strategie pedagogiche per andare incontro a una “materia umana” che, sotto una pluralità di aspetti, risulta lontana anni luce da quella di appena un paio di decenni fa. La nuova sfida della Scuola sarà dunque rimanere al passo con i tempi riuscendo a parlare a giovani e giovanissimi utilizzando, ad esempio, un linguaggio che risulti ai ragazzi famigliare.
Con l’obiettivo di rendere le sue lezioni più accattivanti, la professoressa Nicoletta Barulli, docente di italiano e storia all’Istituto tecnico commerciale “Spagna” di Spoleto, ha pensato a una nuova formula didattica per le sue lezioni basata sull’impiego dei social network: Dante, Peteraca, Boccaccio, Leopardi, Pascoli, D’Annunzio e tutti i grandi della letteratura italiana si studiano con Instagram. «L’idea» spiega l’insegnate, «nasce da uno stato personale di profonda insoddisfazione: nonostante i ragazzi mi seguissero e fossero anche bravi, sentivo che qualcosa non andava come desideravo. Avvertivo chiaramente che ciò che gli stavo proponendo non li appassionava per nulla. Da qui l’idea di mettermi in gioco e calarmi verso un modo nuovo di raccontare la mia materia». I social sono entrati nella didattica quasi per gioco: «Tutto è iniziato con una canzone di Caparezza – ‘Argenti vive’ – che ho messo in riferimento all’ottavo Canto di Dante, poi ho suggerito agli alunni di accostare Fabri Fibra a Petrarca e loro si sono illuminati. Il lavoro» spiega ancora Barulli, «consiste nell’andare ad abbinare i versi di una poesia a testi delle canzoni di oggi. Quando è stato trovato loro lo postano su Instagram. Inizialmente tutto questo avveniva in classe, mentre adesso gli alunni lo fanno in completa autonomia a casa, mettendoci un entusiasmo e una tale energia che dopo soltanto un mese sto già vedendo i primi risultati in termini di apprendimento».
Divertimento e apprendimento: il binomio perfetto, la chiava giusta per raggiungere il traguardo di insegnanti e alunni. In questo felice episodio una nota positiva riguarda anche i social network. Spesso additati come “causa di ogni male”, basti pensare al dilagante fenomeno del cyber-bullismo che ha preso piede proprio attraverso il mondo del Web, i social network, in questa occasione, hanno potuto mostrare le loro potenzialità benefiche: se usati correttamente, possono stimolare gli alunni di oggi a tal punto da portarli a traguardi scolastici importanti.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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