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Divario. È ancora questa, purtroppo, la parola chiave che sintetizza la situazione educativa italiana. Secondo il rapporto “Con i bambini” realizzato da Fondazione con il Sud, nel nostro Paese la copertura dei servizi per l’infanzia raggiunge il 22% della popolazione ma vi sono luoghi del Meridione in cui la percentuale scende tragicamente al 10%. E pensare che l’Europa, con l’Obiettivo di Lisbona, ha fissato al 33% la copertura della popolazione europea che dovrebbe essere raggiunta dai servizi alla prima infanzia.
In Italia è proprio al Sud, dove c’è un numero maggiore di bambini e ragazzi, che si registrano carenze preoccupanti di asili nido, biblioteche e palestre nelle scuole. Anche i mezzi pubblici per raggiungere gli istituti scolastici risulterebbero del tutto inadeguati.
Ma facciamo un passo indietro e forniamo qualche dato che aiuti a inquadrare meglio la situazione: in Italia i minori tra zero e due anni sono circa 1,5 milioni, ovvero il 2,5% dell’intera popolazione. Le percentuali più alte si registrano a Palermo (2,8%), Catania (2,76%), Napoli (2,65%), seguite dalle altre 3 città italiane più popolose: Milano (2,6%), Roma (2,58%) e Torino (2,5%). I minori tra sei e 17 anni sono oltre 6,8 milioni, ovvero oltre l’11% dell’intera popolazione.
Con l’Obiettivo di Lisbona, l’Unione Europea ha fissato al 33% la copertura della popolazione europea che dovrebbe essere raggiunta dai servizi alla prima infanzia, in particolare gli asili nido eppure la nostra nazione, con la media ferma al 22%, è ben al di sotto degli standard europei. Nel rapporto steso da “Con i bambini” solo quattro regioni raggiungono l’Obiettivo di Lisbona: Valle d’Aosta, che è quasi al 40%, Umbria 37%, Emilia-Romagna 35%, Provincia autonoma di Trento 33% .
Quel che preoccupa è che, ad eccezione della Sardegna, tutte le regioni del mezzogiorno si collocano non solo al di sotto della media minima fissata dall’UE ma anche ben al di sotto della già bassa media italiana ferma al 22%. La percentuale scende addirittura al di sotto del 10% in Sicilia, Calabria e Campania. Quest’ultima ha il più basso indice di copertura in base ai dati 2014/15: solo 6 posti ogni 100 bambini sotto i tre anni.
Il Mezzogiorno però non è tutto uguale: vi sono infatti situazioni di carattere locale molto diversificate e anomale (in positivo o in negativo) rispetto al contesto in cui sono collocate: i comuni montani, ad esempio, sono quelli tendenzialmente più svantaggiati, ma il rapporto mette in evidenza delle sostanziali differenze. Nel territorio di Prato svetta con il 51% di copertura di servizi alla prima infanzia, ma anche i comuni montani di una provincia meridionale come Ragusa (35%) hanno una performance superiore sia al dato medio nazionale sia agli obiettivi europei. Parallelamente però emerge che i comuni totalmente montani delle province di Foggia, Caltanissetta, Siracusa e Reggio Calabria presentano invece una percentuale di copertura pari allo zero per cento.
Per quanto riguarda biblioteche e palestre nelle scuole, a livello regionale sono le due regioni più piccole, Valle d’Aosta (3,7 biblioteche ogni mille ragazzi) e Molise (3,1), a mostrare il rapporto maggiore tra presenza di biblioteche e numero di minori sopra i 6 anni. Mentre, tra le regioni sopra i 3 milioni di abitanti, è il Piemonte il primo territorio per presenza di biblioteche. Su questo fronte la Puglia si trova invece all’ultimo posto, con Bari e Taranto rispettivamente terzultima e penultima nella classifica a livello comunale.
Sul fronte sicurezza e raggiungibilità delle scuole, a livello nazionale circa il 73% degli istituti si trova in zone con qualche rischio sismico: si collocano al di sotto di tale media Veneto, Puglia, Lombardia, Piemonte e Sardegna. Sulla base dei dati a disposizione, la situazione della Basilicata appare quella che presenta il più alto numero di alunni (quasi il 40%) in zone ad elevato grado di sismicità rispetto a quelli in scuole antisismiche. Per quanto riguarda il trasporto con scuolabus, le regioni dove gli istituti presentano la maggiore raggiungibilità per gli studenti sono la Basilicata, le Marche e l’Abruzzo. In fondo alla classifica, ancora una volta, Campania e Calabria accompagnate, ed è questa una relativa novità, dal Lazio.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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