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È stato da poco perfezionato un test capace di identificare i disturbi dello spettro autistico (Asd): il questionario, messo a punto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienze Neurologiche dell’Università di Bologna (Irccs), dell’Università di Warwick e dell’Università di Birmingham, ha come obiettivo individuare, utilizzando biomarcatori presenti nel sangue e nelle urine, i danni causati alle proteine plasmatiche.
Il lavoro, pubblicato anche sulla rivista Molecular Autism, potrebbe fare luce su alcune delle cause, ad oggi ancora sconosciute, che portano allo sviluppo dello spettro autistico. Pare infatti che vi sia un legame tra i disturbi dello spettro autistico e un danno, probabilmente dovuto a fenomeni di ossidazione e di glicazione, alle proteine plasmatiche. Lo studio ha inoltre ribadito come negli Asd vi sia un’alterazione dei trasportatori di aminoacidi. Dal campione di bambini che si è sottoposto al test, le cause dell’alterazione sembrerebbero essere di tipo epigenetico e non genetico: se così fosse allora ci sarebbero margini di intervento.
Marina Marini, docente al Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale dell’Alma Mater e coordinatrice del gruppo bolognese di ricercatori ha affermato che: «Questa ricerca chiarisce il ruolo dello stress ossidativo in una patologia del neurosviluppo e identifica alterazioni biochimiche frequenti in bambini che hanno background genetici diversi. Noi ipotizziamo che sia l’instaurarsi di queste disfunzioni durante il periodo prenatale o nei primi mesi di vita che, alterando l’epigenetica delle cellule nervose, provoca alterazioni simili a quelle dovute a mutazioni genetiche».
Nei bambini Asd, in effetti, sono stati rilevati livelli più elevati sia di di-tirosina (Dt), uno specifico marcatore di ossidazione, che di composti denominati “Advanced Glycation Endproducts“, risultato di una catena di reazioni chimiche successive al processo di glicazione.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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