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A proposito di eccellenza made in Italy, segnaliamo con piacere il successo del test di qualifica spaziale superato, a seguito di un lavoro decennale, dalla trivella italiana preposta a cerare vita su Marte. L’iniziativa si inserisce all’interno della missione spaziale europea denominata ExoMars e prevista per l’estate 2020.
La trivella, realizzata da Spazio Leonardo presso lo stabilimento di Nerviano (Mi) e considerata un vero e proprio gioiello tecnologico, è stata sottoposta per quattro mesi a meticolosi esami eseguiti dal Cisas (Centro di Ateneo di Studi e Attività Spaziali ‘Giuseppe Colombo’) di Padova alla fine dei quali è stata reputata idonea a lavorare in ambiente marziano. Il clima presente sul Marte è molto particolare: ha una temperature comprese tra -100øC e +35øC e una pressione atmosferica paria a quasi un millesimo di quella terrestre.
Grazie alla sua punta in diamante policristallino, la trivella di potenza par a 80 watt perforerà di due metri il sottosuolo del Pianeta Rosso al fine di prelevare eventuali tracce di attività biologica non ancora cancellate dalle radiazioni cosmiche. Il foro avrà un diametro di 25 millimetri e le operazioni saranno svolte in 200 giorni. Verranno raccolti sul Pianeta Rosso 25 campioni di suolo che, si spera, possano recare tracce di vita.
Chi volesse vedere da vicino un prototipo di quanto realizzato nei laboratori di Nerviano, sappia che al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, all’interno della mostra ‘Marte. Incontri ravvicinati con il Pianeta Rosso’, sarà possibile ammirare un modellino in scala 1:1 dalla trivella.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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