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San Valentino è alle porte e, confessiamolo, l’indecisione su cosa fare e, soprattutto, su cosa regalare, regna sovrana. Se, come molti, siete a corto di idee risparmiate pure le vostre energie mentali: quest’anno, infatti, Legambiente ha una proposta molto originale che, siamo certi, farà breccia nel cuore di molti innamorati.
L’iniziativa si chiama “Tartalove” e consiste nella possibilità di adottare a distanza una tartaruga marina ferita o ricoverata presso un rifugio. Un gesto d’amore, dunque, per il giorno più romantico dell’anno che ti permetterà di contribuire alle cure e alla tutela di una delle specie a maggior rischio di estinzione.
Questa campagna di adozione simbolica sosterrà i centri di recupero che si occupano di tutelare il mondo marino ponendo uno sguardo privilegiato sulla tartaruga: ogni anno, infatti, circa 200 mila esemplari di testuggine vengono catturati accidentalmente dai pescatori; moltissimi di questi muoiono a causa della plastica e dei rifiuti ingeriti, altri – purtroppo tanti – soccombono a causa di traumi conseguenti al traffico nautico. Eppure, grazie alla collaborazione di esperti veterinari, il 97% delle tartarughe recuperate dagli animalisti possono, una volta salvate, tornare a popolare il mare.
Per proteggere le tartarughe basta andare sul sito www.tartalove.it scegliere l’esemplare da adottare e finanziare, con piccole donazioni, il suo benessere. Ogni donatore riceverà a casa un kit contenente il certificato di adozione, una fotografia della tartaruga scelta e un racconto più ampio della sua storia. Perché ogni esemplare ha una storia, e chissà quali peripezie ha da raccontarti la tartaruga che potresti adottare.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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