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Toscana: cani in carcere per i figli dei detenuti

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Teneri amici a quattro zampe entrano in carcere. L’originale iniziativa si svolge nelle carceri toscane, a cominciare da Sollicciano a Firenze, dove i figli dei detenuti hanno la possibilità di far visita ai propri genitori detenuti e al tempo stesso giocare con simpatici cagnolini ben disposti a lasciarsi coccolare e a regalare, a loro volta, tanto affetto e divertimento.
Avere un padre o una madre dietro le sbarre è un’esperienza forte, dolorosa, molto spesso traumatica. Lo è ancor di più se i figli dei carcerati sono dei bambini piccoli che non capiscono ancora la differenza tra bene e male, o non comprendono la necessità di una detenzione a seguito di un qualsiasi reato. Quello che però anche i bimbi più piccoli comprendono bene è la separazione, il distacco, la reclusione, le sbarre e il tornare a casa senza uno dei propri genitori.
Ecco allora che in Toscana, il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria ha deciso di rendere quelle ore di visita più divertenti e spensierate possibili, non solo per i figli, ma anche per gli stessi genitori. Il tutto anche grazie a un protocollo con l’Ente nazionale cinofilia italiana e Telefono Azzurro.
Il progetto, che consente dunque ai figli dei reclusi di visitare i propri genitori con l’accompagnamento di un cane, coinvolge gli istituti penitenziari di Sollicciano a Firenze, di San Gimignano, Siena, Massa, Massa Marittima e Livorno. Ad accompagnare i bambini tra le mura del carcere sono dodici cani: Oscar e Luna che vengono da Milano, Cloe e Madama Dorè da Piombino, Brigitte dal Monte Amiata, Willy da Roma, Margot da Livorno, e molti altri. Sono labrador, terranova, bovaro del bernese, alaskan malamute, golden e meticci che grazie alla sensibilità dei loro proprietari, sono stati formati alla pet therapy, al soccorso e alla cura degli anziani.
Gli animali entrano nel carcere con un agente penitenziario e con il proprietario dell’animale e il primo contatto avviene all’ingresso per consentire ai bambini e ai cani la conoscenza reciproca. «E’ un progetto che abbiamo realizzato per rendere meno traumatico l’impatto dei bambini con la realtà penitenziaria», spiega Monica Sarno, funzionario giuridico-pedagogico del Provveditorato toscano. «I bambini, all’uscita del carcere, spesso ci ringraziano per l’esperienza vissuta, è bello vederli uscire col sorriso sulle labbra”.
Il progetto potrebbe essere replicato in tutta Italia. «I Provveditorati di alcune regioni», rivela a tal proposito Monica Sarno, «ci hanno chiesto informazioni perché vorrebbero sperimentare questa iniziativa anche sui loro territori».
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