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Aria di ripresa nel nostro Paese sul fronte cultura: il mercato del libro è finalmente in risalita. Rispetto all’anno precedente, il 2017 si chiude con un +5,8% sfiorando quasi 1,5 miliardi di euro.
In ascesa anche il mercato dell’e-book e degli audiolibri, che ha raggiunto quota 64 milioni di euro (+3,2%). Ma dove acquistano i libri gli italiani? Il primato è ancora delle librerie fisiche dove si comprano i tre quarti degli acquisti (69.6%) ma è l’e-commerce la novità: nel 2017 il 21,3% dei libri è stato acquistato on-line mentre nel 2016 la percentuale era ferma al 16,5%.
Un tale trend positivo è certamente il risultato di una produzione editoriale di qualità e prestigio: solo lo scorso anno sono stati pubblicati 66.757 titoli. La narrativa italiana e straniera conta attualmente 9.860 titoli, nel 1980 si era fermi a quota 1.087. Di vero e proprio boom si può infine parlare a proposito dei libri per bambini: oggi sono stimati 9.923 titoli, lo scorso anno, nello stesso periodo, i libri erano 6.457. Per capire la portata del fenomeno si consideri che rispetto al 2000 il numero risulta più che decuplicato.
Che cosa leggiamo? Secondo l’Osservatorio Aie sui comportamenti di lettura, i generi preferiti tra i lettori che hanno dai 15 ai 75 anni sono, nell’ordine, i romanzi, i saggi, i gialli, i fantasy, i manuali e le guide: insieme raggiunto quota 62% che è poi la stessa percentuale di chi legge libri di carta il 62%, mentre chi opta per l’e-book è il 27% degli italiani. Gli audiolibri si fermano all’11%.
Quel che fa piacere è che, al di là della modalità, gli italiani sono tornati a essere dei lettori: più precisamente il 65% della popolazione con più di 15 anni. Franco Levi, presidente dell’associazione italiana editori, afferma che questi dati positivi dimostrano che il libro sta ritornando a crescere assieme al Paese e auspica caldamente che il prossimo governo ponga al centro del suo programma politico la cultura e l’istruzione.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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