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Cinque, sei e sette: non sono né passi di danza né un’operazione di calcolo ma i numeri di una realtà tutta milanese che sta contagiando un’intera città. Sono infatti cinque le redazioni operative, sei i centri di aggregazione giovanile e sette le strutture dedicate alla salute mentale o al supporto della disabilità impegnate in Shareradio: la webradio nata nel 2009 come strumento di coesione sociale per la metropoli lombarda.
Pensata sin dal suo esordio con finalità aggregative, Shareradio racconta ogni giorno la Milano meno conosciuta: quella di periferia che non ha un microfono per far sentire la propria voce. In concomitanza con la fine del 2017 la webradio ha deciso di lanciare la sua nuova app: l’intento è quello di non lasciare da soli i tanti ascoltatori che in questi giorni di festa soffriranno di solitudine.
Il Natale infatti è un periodo delicato: può essere molto difficile per chi non ha nessuno e vive di ricordi lasciare il cuore indenne dal dolore. Un buon rimedio per non pensare troppo al passato e al presente è dedicare le proprie energie mentali in qualcosa che distragga il cervello. Proprio per questo, in occasione delle giornate clou del periodo natalizio, Shareradio ha deciso di proporre a tutti gli ascoltatori un palinsesto esclusivo anti-solitudine: per la vigilia di Natale la radio sarà operativa fino alla mezzanotte, si parlerà di musica roots, reggae e molto altro. L’ultimo dell’anno sarà invece incentrato sul puro divertimento: si parte con la trasmissione “Popolinux”, durante la quale non si risparmieranno consigli ironici, per proseguire con le testimonianze dei ragazzi di “In trasferta”, “All you can stream” e, fino oltre la mezzanotte, “Road2Zion”.
Speriamo che l’idea funzioni sapendo che, cominciare il nuovo anno in compagnia, è già un ottimo inizio.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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