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Le meravigliose madri di Plaza de Mayo, in Argentina, ancora una volta si sono riunite e hanno fatto sentire la loro voce, hanno vinto una nuova battaglia.
E’ successo che giorni fa la Corte Suprema argentina ha emesso una sentenza in base alla quale coloro che sono in carcere con l’accusa di aver commesso delitti di lesa umanità – torture, uccisioni, rapimenti – possono contare in modo doppio i giorni già trascorsi in carcere, al fine di ridurre la loro condanna. La sentenza è stata definita “del 2×1” e ha immediatamente suscitato enorme indignazione nel popolo argentino.
Le madri dei desaparecidos si sono armate del loro fazzoletto bianco, ormai irrigidito dalle troppe lacrime versate, una freccia puntata verso coloro che hanno “forse” massacrato i loro figli, mariti e padri, fratelli e sorelle. O li hanno mandati a morire. E con quelli, quei fazzoletti consunti, sono tornate in piazza a gridare il loro “Nunca mas” in decine di migliaia (alcune fonti parlano di oltre 100mila partecipanti).
Non va infatti dimenticato che Nunca mas (Mai più) è sempre stato il grido di quelle madri, ma si è poi esteso a molte associazioni e manifestazioni per reclamare i diritti umani in generale.
Dunque, innanzitutto la memoria, memoria di quelle circa 30mila vite dei desaparecidos causati dal governo militare tra il 1976 e il 1983. Memoria che faccia in modo che il ricordo del passato possa far riconoscere nel presente situazioni che assomigliano a quelle che sono state combattute e vissute sulla propria pelle. Memoria che, e non ci stancheremo mai di dirlo, va raccontata e tramandata affinché rimanga viva.
Diceva Sting, in una dolce canzone scritta per queste donne: «Ellas danzan solas» (Loro ballano da sole). E un brivido di empatia con il loro dolore corre sotto la pelle.
Bene, dicevamo che “le madri” hanno ripreso i loro fazzoletti bianchi sventolandoli in Plaza de Mayo, hanno costretto il Governo ad ascoltarle e hanno vinto: con un voto unanime del Senato, il parlamento argentino ha approvato immediatamente una legge che impedisce il rilascio anticipato delle persone condannate per i crimini commessi durante gli anni della dittatura militare.
Molte sono state le dichiarazioni dei manifestanti, soddisfatti ma non placati, proprio perché per loro la memoria di quanto è avvenuto è molto importante. Lo stesso presidente argentino Mauricio Macri ha detto: «Sono contrario a ogni strumento che favorisca l’impunità, soprattutto quando si tratta di crimini contro l’umanità».
Ci uniamo anche noi: soprattutto per crimini contro l’umanità e contro la persona, auspichiamo la certezza della pena. Che non lenisce il dolore, ma che consente un pizzico di fiducia in più nei diritti e nei doveri di ogni singolo cittadino.
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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