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La Grande Guerra a teatro. “Era una notte che pioveva”

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Il Centenario della Grande Guerra. Ho avuto la sensazione che, dopo i primi eventi del 2014 e le numerosissime iniziative del 2015, la commemorazione fosse passata sotto silenzio, forse in attesa di nuove “clamorose” occasioni nel 2018. Ma, forse, ho sbagliato. Provo a consultare il sito ufficiale del “Centenario della prima guerra mondiale 1914-1918” e scopro che, dall’inizio dell’anno ad oggi, si sono tenute ben venti iniziative di approfondimento e riflessione su diversi aspetti dell’evento bellico.

Da Torino a Urbino, da Olgiate Olona (Varese) a Sirolo (Ancona), da Brindisi a Rosà (Vicenza), da Neviano degli Arduini (Parma) a Palermo, da Prato a Sarno (Salerno), Istituzioni locali, Musei, Università, Archivi, Istituti di ricerca (dalla Società di Storia Patria all’Istituto Gramsci) rievocano episodi, studiano luoghi e storie, valutano impatti e ricadute; in sintesi, in primo luogo la provincia italiana, senza clamori mediatici, continua a ripensare una pagina decisiva della propria storia, forse lontana per le nuove generazioni ma ancora ben impressa nella memoria collettiva.

In questo percorso di consapevolezza nazionale trova posto a pieno titolo lo spettacolo teatrale Era una notte che pioveva di Gian Marco Montesano con la collaborazione artistica di Giulia Basel, con Giulia Basel e Umberto Marchesani, voci fuori campo Massimo Vellaccio e Flavia Valoppi, registrazioni e fonica Globster, luci Renato Barattucci, montaggio video Oscar Strizzi, produzione Florian Metateatro.

Per la verità il debutto è del 2016 ma ho avuto occasione di vedere lo spettacolo solo domenica scorsa a Pescara. Il titolo rinvia a una celebre canzone degli alpini dedicata a una sentinella. “Era una notte che pioveva / e che tirava un forte vento / immaginatevi che grande tormento / per un alpino che stava a vegliar!”, questa la prima strofa.

La pièce teatrale accompagna lo spettatore nel “gran tormento” dei due protagonisti: l’Alpino e la Crocerossina.  Si legge nella nota di regia: “Una umanità assunta al maschile e al femminile nel contempo, visione non consueta trattandosi della ‘narrazione’ di storie e fatti di soldati. (…) Le lettere e i diari. E la luce emersa dall’orrore delle trincee: la scrittura. Milioni di lettere scritte da chi non sapeva scrivere, soldati d’ogni luogo che, nell’analfabetismo largamente diffuso lungo i 40.500 chilometri di trincee scavate, torcendo e inventando grammatiche, mettendo in croce i segni di scrittura trovarono l’unico sollievo al peso tremendo della loro croce fisica. Donne colte, le Crocerossine, che scrivono diari per ricordare le sofferenze dei più umili tacendo le proprie, e i loro feriti che generano una scrittura come il balbettare del corpo sofferente, solo per ‘far sapere a casa’ che ‘tutto va bene’. Donne, uomini e 40 milioni di animali (cavalli, muli, cani e piccioni viaggiatori) morti in battaglia al servizio delle truppe”.

Uno spettacolo sobrio, essenziale, asciutto come si conviene a una rievocazione drammatica. Ma al contempo una rappresentazione “calda”, coinvolgente, a tratti emozionante, come nella scena in cui l’Alpino lancia in aria le lettere dei commilitoni, fino a coprire l’intero palcoscenico. Mentre si ascoltano le parole della Crocerossina, le invocazioni, i sogni, le maledizioni, le preghiere, i ricordi contenuti nelle lettere raggiungono e “invadono” gli stessi spettatori.  E l’italiano stentato di quelle frasi accresce il dramma e trafigge cuore e mente.

Convincente la recitazione che mai indulge al sentimentalismo o alla retorica. Efficaci luci, suoni e scenografia; qualche perplessità suscita, in alcune scene, l’utilizzo del dialetto che nulla aggiunge a una narrazione assolutamente “nazionale”.

Era una notte che pioveva, spettacolo esplicitamente pensato per il centenario della Grande Guerra, può iscriversi, a ragione, nella grande tradizione del teatro civile. La Storia, la Grande Storia raccontata attraverso i suoi “Piccoli Protagonisti” diventa occasione anche per interrogarsi sull’attualità. Guardando in scena gli equipaggiamenti e gli armamenti dei soldati della Grande Guerra viene spontaneo misurare la distanza dalle sofisticate apparecchiature dei nostri giorni, che dovrebbero dar luogo a interventi chirurgici. Ma quando vengono declamati sul palco i numeri infiniti di morti e feriti non è possibile non pensare a quanto sia tragicamente simile la situazione di Aleppo o Mosul e come, forse, le tende ospedaliere della nostra Crocerossina siano state forse più sicure degli ospedali civili o dei presidi di Medici Senza Frontiere e di altre organizzazioni umanitarie. E così la Grande Guerra, narrata in Era una notte che pioveva, appare al contempo come pagina di storia, cronaca di attualità, monito per il futuro.

"Fiore" di Claudio Giovannesi
"La La Land" di Damien Chazelle

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