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Eremite ed eremiti

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Prendo in prestito la pagina dedicata alla responsabilità sociale per dare spazio a una notizia che merita un’attenzione carica di rispetto e di riflessione.
Dal 6 al 9 ottobre si sono riuniti eremiti ed eremite per discutere sulla dimensione ecclesiale della vita eremitica. “Vivere in disparte per essere al cuore del mondo“: questo il tema che li ha spinti ad abbandonare momentaneamente la propria condizione di solitudine e di meditazione per aprirsi al confronto con chi condivide la medesima prospettiva di vita.
Come ha scritto Pino Pignatta per Famiglia Cristiana, nell’Eremo di Lecceto, alle porte di Firenze,  “si sono dati appuntamento i circa 200 eremiti ed eremite riconosciuti dai rispettivi vescovi che vivono e pregano oggi in Italia suddivisi in tre diverse condizioni eremitiche: quella “classica”, in totale solitudine dal mondo; gli eremiti di città, che nonostante la contaminazione del tessuto urbano riescono a ricavarsi spazi di spiritualità e contemplazione; e gli eremiti all’interno di un cenobio, dove vivono in disparte rispetto alla vita comunitaria degli altri fratelli”.
Esperienze diverse accomunate dal silenzio, dalla preghiera, dalla riservatezza dei luoghi, dall’accoglienza e dall’ascolto degli altri. C’è bisogno di silenzio per pregare e mettersi in ascolto di Dio, ma anche per accogliere tante persone che chiedono attenzione per raccontare le proprie storie. Per farlo si può stare in una baita di montagna, in una chiesetta isolata ma anche nel centro storico di una città.  L’essenziale è “vegliare e attendere: per ridare una qualità spirituale all’ora presente”.
Sono riflessioni che interessano solo i religiosi o, al più, i credenti? Non credo. Basterebbe soffermarsi un attimo sul tema dell’incontro “Vivere in disparte per essere al cuore del mondo”.
Forse “essere al cuore del mondo” vuol dire “preoccuparsi” per le sorti del mondo, farsene carico. Ma il mondo è fatto, in primo luogo, dai “fratelli”, dalle persone che ci circondano e che condividono la nostra sorte. Essere al cuore del mondo vuol anche dire andare all’essenziale, alle questioni dirimenti, senza farsi distrarre dal “rumore di fondo”. Vivere in disparte non ha nulla a che fare con un altezzoso distacco dal mondo “corrotto”, non implica affatto “indifferenza” per le sorti di chi ci è a fianco; al contrario, vivere in disparte significa recuperare la “giusta distanza”, una condizione di silenzio, uscire dal trambusto che tutto confonde e omologa, per poter “ascoltare” anche parole sussurrate, pudiche, timide, ma non per questo meno importanti, parole profonde, suoni lontani. Può sembrare un paradosso, ma nella riflessione degli eremiti sembra emergere una dimensione relazionale, sociale, pubblica. Gli eremiti probabilmente guardano il “mondo” da una prospettiva diversa, a volte da lontano, ma certamente lo scrutano in profondità, pronti a cogliere quanto ad altri sfugge, a riconoscere “i battiti del cuore”, a raggiungere il “centro” delle cose.
Se è così abbiamo tutti molto da imparare dalla lezione degli eremiti, anche se non intendiamo compiere una scelta tanto radicale. Certo non si tratta di giustapporre qualche ora di “meditazione” a una quotidianità caotica quanto, piuttosto, di “lasciar spazio” nella nostra vita anche alla solitudine e al silenzio, all’ascolto e all’accoglienza, alla riflessione e alla sobrietà, evitando di scambiare “confusione” con “pienezza”.
Per approfondire la conoscenza delle esperienze degli eremiti – religiosi e laici – proponiamo ai lettori di Felicità Pubblica una riflessione di Carlo Bevilacqua, fotografo autore del volume Into the Silence. Eremiti del Terzo Millennio, Intento Editore 2014, “viaggio fotografico alla scoperta dei moderni eremiti e della loro scelta radicale” .
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