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Sardegna: via libera al Reddito di inclusione sociale

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La Regione Sardegna approva il reddito di inclusione sociale. Con 30 voti favorevoli e 18 astenuti l’assemblea regionale ha dato il proprio via libera alla proposta di legge di Sinistra Ecologia e Libertà che istituisce il Reis (Reddito inclusione sociale) come misura di contrasto all’esclusione sociale e alla povertà. O meglio l’ “Aggiudu torrau”, come viene definito in sardo.

Il sussidio verrà erogato a patto che il richiedente si impegno a seguire un percorso di emancipazione mirato all’inserimento formativo e/o scolastico o a lavorare per la comunità, attraverso programmi d’intervento pianificati dai servizi sociali comunali e dai centri per l’impiego della Regione.
Per finanziare il Reis viene istituito un Fondo regionale per l’inclusione sociale, che attualmente conta 30 milioni di euro all’anno per tre anni, alimentato da risorse europee, statali e regionali iscritte in bilancio, più fondi raccolti da privati.

Il consiglio ha delegato la giunta regionale di stabilire gli importi minimi e massimi del Reis, le soglie per accedere al sussidio e le modalità di calcolo del reddito (in base all’Isee). Le linee guida e i criteri dovranno essere definiti dall’esecutivo entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge.

«Il reddito di inclusione potrebbe rappresentare un’opportunità di uscita dalla povertà per circa 10mila famiglie», ha spiegato il consigliere regionale Luca Pizzuto, «a fronte di dati che parlano di 147mila nuclei familiari indigenti, pari al 20% del totale».

I possibili beneficiari potranno presentare la richiesta al Comune di residenza che la trasmetterà agli Uffici di piano nell’ambito del Plus (Piani locali unitari dei servizi alla persona) competente per territorio.
ll sussidio è riservato a persone o famiglie di cui almeno un componente risieda in Sardegna da almeno 60 mesi. I controlli saranno gestiti attraverso un adeguato sistema informativo finanziato dalla Regione e il Reis sarà sospeso per un anno se il beneficiario rifiuterà, senza validi motivi, più di due congrue offerte di lavoro che gli siano proposte dal centri per l’impiego e dai servizi sociali comunali.

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