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di Francesco Lo Piccolo.
Shaharzad Hassan è una bambina siriana di 8 anni in fuga da Aleppo, una delle città più antiche del mondo e patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Shaharzad è stata fotografata a Idomeni da Matt Cardy di Getty Images. Le foto sono in rete.
Vediamo che ci fissa seria e triste, vediamo che ha il capo coperto da una kefiah rosa e che sfoglia con le sue piccole mani un quaderno a spirali. In ogni foglio c’è un disegno, il suo mondo di piccola profuga: le tende della Croce Rossa; degli uomini in blu che da una nave lanciano una scala verso una piccola barca piena di persone; un papà, una mamma e tre bambini in fuga in mezzo a un bosco di abeti; la distribuzione del pane. E poi carri-armato, missili, uomini vestiti di nero con i fucili. Infine una colomba che ha sul petto le stelle dell’Unione Europea, il giallo di un sole splendente, una distesa di verde, un arcobaleno.
Il mondo di oggi per migliaia di persone. Un mondo di sofferenze ma con la speranza di trovare aiuto in Europa. Un mondo disegnato da una bambina di 8 anni che mi ha fatto venire alla mente un altro mondo…anche questo su fogli bianchi…il mondo dei bambini di Terezin, il campo di concentramento vicino a Praga e che ho visitato lo scorso 25 aprile. Erano circa 15 mila i bambini fra i 10 e i 14 anni rinchiusi nel lager. Quasi tutti furono poi uccisi a Auschwitz. I disegni di quei bambini ebrei sono in mostra nella sinagoga della capitale della Repubblica Ceca. Ecco le caserme e le baracche con i letti a tre piani e i guardiani davanti agli edifici, ecco l’ospedale. Ecco l’arrivo degli ebrei nel campo, i carri ferroviari. Ed ecco le farfalle, i prati in fiore. La speranza. Disegni e poesie. In una è scritto: “…vedi che cos’è questo ghetto, la paura e la miseria. Squallore e fame, questa è la vita che noi viviamo quaggiù, ma nessuno si deve arrendere: la terra gira e i tempi cambieranno”.
Da allora sono passati 72 anni. Mai più questi orrori! Parole e ancora parole. Solo parole, mentre il mondo disegnato da quei bambini non sembra affatto diverso da quello disegnato dalla piccola Shaharzad Hassan. Stessa miseria, tante speranze. Intanto altri muri crescono. Ovunque e dentro di noi.
Post scriptum: Oggi sarà inaugurato a Lampedusa il Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo (leggi l’articolo), voluto dalla sindaca Giusi Nicolini e prodotto da First social life, con il Comune di Lampedusa e Linosa, la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone (primo social partner) e il Comitato 3 ottobre, la Onlus costituita nel 2014 per promuovere e rilanciare l’apertura di corridoi umanitari. Ma soprattutto per sancire il 3 ottobre come Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, per non dimenticare quel naufragio a largo di Lampedusa in cui, nei pressi dell’Isola dei conigli, persero la vita 368 migranti.
Sono giornalista dal 1980. La mia attività professionale è cominciata a metà degli anni Settanta collaborando col settimanale Nord Est a Venezia. Dopo un breve periodo al Diario di Palermo, sono stato assunto a il Mattino di Padova. Dal 1986 fino al 2011 ho lavorato a Il Messaggero nelle redazioni di Roma, Milano e Chieti. Ho visitato paesi, vissuto e raccontato la tragedia della fame in Etiopia a metà anni Ottanta, il fermento che animava Berlino Est pochi giorni prima della caduta del Muro, le rivolte in Albania al tempo di Enver Hoxha, le prime riforme a Mosca con l’elezione di Gorbaciov.
Ho avuto la fortuna di aver incontrato buoni maestri. Da loro, oltre che da mio padre, che era maestro di scuola, ho appreso che chi scrive, chi è giornalista, ricerca la verità e non manipola i fatti ad uso e consumo di una o di un’altra parte politica. Attualmente ho un blog sul sito Huffingtonpost Italia dove scrivo di informazione, giustizia, diritti, carcere. Dal 2008 dirigo Voci di dentro, rivista scritta dai detenuti di alcune carceri abruzzesi. Entrato nel mondo del carcere come volontario, ho fondato con altri l’associazione Onlus Voci di dentro (della quale sono presidente) che si occupa del reinserimento degli ex detenuti. Fortemente convinto che non ci sono muri da innalzare ma porte da aprire e che occorre dare opportunità di vita e di conoscenze a persone che, non per colpa loro, queste opportunità non hanno avuto, tengo dei laboratori di scrittura e sulla legalità nelle carceri di Chieti e Pescara. Ho fondato e sono presidente di Alfachi cooperativa sociale di tipo B con l’intento di creare occasioni di lavoro per detenuti ed ex detenuti.
Amo leggere, scrivere, conoscere, studiare (due anni fa mi sono riscritto all’università, corso di laurea in sociologia e criminologia). Soprattutto amo la mia famiglia, mia moglie, e i miei due figli.
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