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Mani Tese e la campagna “I exist. Say no to modern slavery”

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Molti conoscono Mani Tese, un’organizzazione non governativa nata oltre 50 anni fa per combattere la fame e gli squilibri tra Nord e Sud del mondo. Parliamo di un’associazione “atipica”, in realtà qualcosa di molto vicino a un movimento che organizza volontari intorno a precisi progetti di cooperazione internazionale.

Ho incontrato Mani Tese sui banchi di scuola, nella prima metà degli anni 70, quando alcuni ragazzi di area cattolica iniziarono a parlare di organizzare la raccolta della carta. Avremmo dovuto accumulare giornali e cartoni da vendere all’ingrosso. Il ricavato sarebbe andato a progetti per il Terzo Mondo, così chiamavamo allora i Paesi poveri del Sud. Confesso che dopo un primo contatto ho perso di vista quell’esperienza, troppo impegnato a inseguire un impegno politico che prometteva di risolvere ogni problema e, quindi, non lasciava tempo per un lavoro paziente e minuto rivolto a piccoli progetti con singoli villaggi d’Africa.

Qualche mese addietro una collega della redazione mi ha chiesto se conoscessi Mani Tese e se volessi dedicare un approfondimento a questa lunga e feconda esperienza. Certo che conoscevo Mani Tese, da tanto tempo! Le promisi che ci avrei pensato. Oggi, quasi per caso, inizio a tener fede a quell’impegno.

Lo faccio volentieri prendendo spunto dalla recente campagna I EXIST. SAY NO TO MODERN SLAVERY. Si tratta di un progetto finalizzato a “rendere visibile un fenomeno moderno troppo spesso ignorato. La schiavitù è frutto della povertà e genera povertà. Mani Tese vuole costruire una mobilitazione globale e diffondere consapevolezza sul fenomeno delle schiavitù moderne attraverso progetti di cooperazione internazionale, iniziative di sensibilizzazione, educazione alla cittadinanza mondiale e attivazione della società civile”.

Con la campagna I Exist Mani Tese vuole avviare un lavoro sistematico per contrastare tre forme moderne di schiavitù: Il lavoro minorile, lo sfruttamento del lavoro nelle filiere produttive e il traffico di esseri umani.

Alla base di questo impegno c’è “la convinzione che la povertà e le diseguaglianze sono frutto di precise cause storiche e del mantenimento dell’attuale modello economico. Mettere al centro la giustizia sociale implica necessariamente un ripensamento del modello di sviluppo da seguire in un’epoca di profonda transizione a livello globale”.

Di seguito proponiamo ai lettori di Felicità Pubblica una presentazione dell’iniziativa che ci aiuta a riflettere su un dato incontrovertibile: i “prodotti” della schiavitù sono nelle nostre case e ormai non possiamo più far finta di non saperlo. 

 

I EXIST – PERCHÉ LA SCHIAVITÙ ESISTE ANCORA

Tra i 21 e i 35 milioni di persone oggi sono vittime di forme moderne di schiavitù per un giro d’affari di quasi 139 miliardi di euro all’anno. Alcune caratteristiche diffuse distinguono la schiavitù da altre violazioni dei diritti umani, quali l’obbligo a lavorare sotto minacce, i maltrattamenti fisici o psicologici o la minaccia di tali maltrattamenti, la privazione della dignità umana e la libertà di movimento. Il rischio di diventare vittime di forme moderne di schiavitù aumenta in maniera direttamente proporzionale all’aumento delle vulnerabilità personali e strutturali: povertà, genere, grado di istruzione, mancato o inadeguato accesso a risorse e servizi, appartenenza a un gruppo socialmente emarginato o discriminato. Un aumento di vulnerabilità personali e sociali significa un aumento del rischio di diventare schiavi.

I EXIST – PERCHÉ VOGLIAMO RENDERE VISIBILE UN FENOMENO MODERNO TROPPO SPESSO IGNORATO

Mani Tese intende costruire una mobilitazione globale che con sempre maggiore forza e da più parti esiga il coinvolgimento attivo e la presa di responsabilità di Stati e istituzioni internazionali, comprese le istituzioni religiose, delle realtà produttive e dei consumatori, e della cittadinanza intera, nella lotta alla schiavitù moderna. Il programma I EXIST vuole contrastare il fenomeno delle schiavitù moderne attraverso 3 focus principali: lavoro minorile, traffico di esseri umani, sfruttamento nelle filiere produttive.

I EXIST – PERCHÉ MANI TESE CREDE IN UNA MOBILITAZIONE GLOBALE CONTRO LE INGIUSTIZIE

L’impegno di Mani Tese verso la giustizia è animato dalla convinzione che la povertà e le diseguaglianze sono frutto di precise cause storiche e del mantenimento dell’attuale modello economico. Mettere al centro la giustizia sociale implica necessariamente un ripensamento del modello di sviluppo da seguire in un’epoca di profonda transizione a livello globale. Mani Tese intende perciò combattere le diverse forme di schiavitù moderna attraverso progetti di cooperazione, iniziative di sensibilizzazione e attivazione della società civile e di educazione alla cittadinanza mondiale. La volontà è quella di colpire le cause del fenomeno stesso e individuare modalità efficaci per supportare le vittime e, allo stesso tempo, prevenire nuove forme di schiavitù attraverso azioni di sostegno, prevenzione e la costruzione di una rete di partenariati internazionali.

I EXIST – PERCHÉ ESISTONO ANCORA 215 MILIONI DI BAMBINI LAVORATORI NEL MONDO

L’agricoltura rimane il settore di maggiore impiego di lavoro minorile, ma non sono trascurabili i numeri dei giovani schiavi sfruttati nei servizi e nell’industria. 115 milioni sono impiegati in industrie pericolose, dove oltre al rischio fisico immediato, sono anche maggiormente esposti a condizioni di grave sfruttamento. Se l’Asia e il Pacifico detengono il primato assoluto del numero di bambini lavoratori (78 milioni), è nell’Africa sub-sahariana che si riscontra la maggiore incidenza di lavoro minorile, con oltre il 21% di bambini lavoratori. Il lavoro minorile è frutto della povertà, e genera povertà. Un bambino che lavora è un bambino povero, e sarà un adulto povero, che tenderà a reiterare la condizione di povertà ed emarginazione, su un modello sociale a ridottissima mobilità. Un bambino che lavora è quasi sempre un bambino che non frequenta la scuola. La mancanza di istruzione può essere frutto della scarsità di risorse pubbliche da destinare a servizi pubblici, o da scelte di investimento delle risorse pubbliche che vengono orientate verso altri servizi. Alla mancanza di istruzione possono contribuire anche fattori culturali e sociali, che tendono a penalizzare in particolar modo le femmine e i gruppi sociali più discriminati. Le discriminazioni di genere fanno sì che le bambine lavoratrici siano più numerose, e che soffrano più dei coetanei maschi la condizione lavorativa. Con risorse scarse a disposizione, in quasi tutto il mondo si tende a privilegiare l’istruzione di un figlio maschio, rispetto a una figlia femmina. Le bambine lavoratrici tendono anche a subire più frequenti e più gravi soprusi (violenze verbali, fisiche, sessuali), anche a causa di norme culturali che impongono loro docilità e obbedienza, e di sviluppare malattie correlate al lavoro e alle condizioni lavorative.

I EXIST – PERCHÉ CI SONO OLTRE 14 MILIONI DI PERSONE SFRUTTATE IN ATTIVITÀ ECONOMICHE

Le imprese ricercano il massimo profitto attraverso l’abbattimento dei costi nel modo più diretto possibile, ossia abbassando gli standard sociali e ambientali che regolano la produzione. Questa ricerca spinge le imprese a produrre in regioni e Paesi dove il costo del lavoro è inferiore, e dove la legislazione e il controllo del rispetto delle leggi del lavoro sono più bassi. I moderni schiavi si trovano più numerosi nelle industrie stagionali, nelle industrie che necessitano di una quantità rilevante di manodopera scarsamente o non qualificata, nelle industrie caratterizzate da picchi elevati di produzione in tempi ristretti, e più in generale in tutte le industrie in cui è maggiore la competizione e la spinta ad abbassare i prezzi. Questo significa che sono più numerosi nella pesca e nell’agricoltura intensive, specie nelle piantagioni di prodotti destinati all’esportazione, come cacao, caffè, tè, olio di palma, e in tutta la filiera del cotone. L’industria della moda di largo consumo non prevede più solo una doppia stagionalità (primavera/estate e autunno/inverno), ma è ormai caratterizzata da un ricambio velocissimo dei prodotti in vendita, anche ogni tre settimane. Una volta effettuato l’ordine, se ne prevede il completamento nel giro di altrettante settimane (compresa la spedizione), costringendo i produttori locali a ritmi intensissimi che sostengono abbassando il livello di tutela dei diritti delle lavoratrici, essendo la manodopera quasi interamente femminile. In questa industria si assiste alla diffusione di veri e propri schemi di reclutamento di lavoratrici che verranno impiegate in condizioni equiparabili alla schiavitù.

I EXIST – PERCHÉ IL TRAFFICO DI ESSERE UMANI È UNA REALTÀ PER QUASI 2 MILIONI E MEZZO DI PERSONE

Sempre più persone si spostano dalle campagne verso le città o verso regioni o verso Paesi che possano offrire loro maggiori sicurezza, stabilità economica e più in generale la possibilità di una vita e di un futuro dignitosi per sé e per i propri figli. Una persona su sette, al mondo, è un migrante. La mancanza di informazioni adeguate e di possibilità sicure di migrazione spinge le persone a rivolgersi a mediatori senza scrupoli e trafficanti di esseri umani. Una volta giunti nel Paese di destinazione, queste persone corrono il rischio di essere private della loro libertà, e di diventare schiavi dei trafficanti. Il trafficking viene definito come “il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, mediante l’uso o la minaccia dell’uso di violenza o altre forme di costrizione, di rapimento, di inganno, di frode, dell’abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o nell’atto di dare o ricevere qualche forma di pagamento o altro beneficio per ottenere il consenso di una persona avente autorità su un’altra persona, allo scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento deve includere, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, di lavoro o servizi forzati, di schiavitù o di attività simili alla schiavitù, l’asservimento o la rimozione di organi”. Si stima tuttavia che siano quasi 2 milioni e mezzo le persone vittime di trafficking nel mondo, che generano un volume di affari che potrebbe aggirarsi tra i 32 e i 150 miliardi di dollari all’anno. Il trafficking è un crimine contro la persona che va a colpire in larga parte donne e minori. Sono numerose le intersezioni tra trafficking e degrado ambientale, tra trafficking e pratiche agricole e produttive ad alta intensità, che portano a gravi violazioni dei diritti umani e allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. I settori produttivi che maggiormente impiegano vittime di trafficking sono infatti agricoltura e allevamento su vasta scala di prodotti per l’esportazione (cacao, gamberetti, carne, ecc.) e il settore dell’industria tessile (produzione e confezionamento).

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Osservatorio UBI Banca sulla finanza e sul Terzo settore

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