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Spyros Galinos, sindaco di Lesbo: “Il problema non sono i migranti, ma la guerra”

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Lesbo è una piccola perla del Mediterraneo, nota fino a qualche mese fa principalmente per la bellezza delle sue coste e per aver dato i natali ai poeti lirici Alceo e Saffo. Eppure oggi il nome di questa isola, che conta una popolazione di circa 90.600 abitanti, è ormai collegata soprattutto al triste fenomeno dei continui sbarchi di immigrati.
Nel solo 2015, infatti, sono stati oltre 550 mila i profughi approdati a Lesbo nella loro fuga verso l’Europa in cerca di un futuro migliore.
Per fare il punto della situazione sul fenomeno abbiamo intervistato chi è costretto a fronteggiare questo fenomeno quotidianamente in prima linea. Si tratta del sindaco dell’isola Spyros Galinos, che Felicità Pubblica ha incontrato nei giorni scorsi a Pescara, in occasione dell’Oscar Pomilio Blumm Forum 2016 dove l’amministratore greco ha ricevuto un premio per il suo impegno (leggi l’articolo sull’evento).

L’immigrazione è un fenomeno che ha colpito in pieno l’isola di Lesbo. Iniziamo dai numeri? Quanti sono gli immigrati che finora sono sbarcati sulla vostra isola?

L’anno scorso sono passati dalla mia isola circa 550 mila profughi. E questo è un messaggio per tutti i Paesi xenofobi: se una piccola isola come Lesbo, che è un puntino sulla cartina, riesce a offrire tutto questo aiuto, Stati molto più grandi che non vogliono dare il proprio aiuto dovrebbero ripensarci.

In che modo l’isola si sta adoperando per accogliere questi flussi migratori da un punto di vista amministrativo?

Abbiamo fatto molte cose, non solo a livello amministrativo, ma anche politico. Noi abbiamo fatto le nostre proposte che adesso l’Europa dovrebbe mettere in atto per aiutare queste persone. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, abbiamo dato tutto l’aiuto materiale possibile con i nostri uffici tecnici, i nostri settori della polizia urbana. Abbiamo costruito locali, abitazioni, dove accoogliere le persone che arrivavano. Abbiamo fatto di tutto per farli stare a loro agio. Eppure adesso se un turista viene nella mia isola non si accorgerà che c’è questo grave problema. Siamo riusciti, in qualche modo, a trovare una soluzione. La carenza di umanità che c’è negli organismi internazionali, noi cerchiamo di supplirla con il nostro surplus di umanità. Certo avremmo potuto fare molto di più. Ma bisogna pensare che noi dobbiamo fare tutto solo con i nostri mezzi, e anche le persone di Lesbo cercano di fare con il poco che hanno.

Nelle scorse settimane la presidente Boldrini in visita a Lesbo ha dichiarato: «Se affonda Lesbo, affonda la Grecia, affonda anche l’Europa». Vi sentite abbandonati dall’Europa?

Sì. Io mi sono sentito abbandonato dall’Europa più volte, però stare sicuri che non affonderemo. Noi continueremo a gestirle e speriamo che l’Europa faccia le scelte politiche giuste. Il fatto è che loro cercano di risolvere un problema, ma non hanno individuato qual è il problema giusto. Il problema non sono i migranti, ma le bombe che cadono sulle loro case e che li obbligano a scappare e a cercare sicurezza altrove. Loro sono persone che pagano per colpe che non hanno. Ed è anche per questo che sono venuto qui in Italia. Io inoltre voglio lanciare un invito a tutte le potenze, anche alla luce della recente intesa di principi tra Unione Europea e Turchia, ossia di fermare questo crimine degli scafisti turchi che fanno attraversare il mare ai profughi. Quando c’è un crimine così forte non puoi andare lì e discutere, lì si deve intervenire e basta.

In che modo la popolazione di Lesbo ha accolto e continua ad accogliere questo flusso di immigrati?

I cittadini seguono la loro amministrazione. Abbiamo cercato di dirgli che noi non dobbiamo diventare parte di questo problema. Hanno capito e risposto nella maniera giusta: quindi ci danno un grande aiuto nel tentare di gestire il fenomeno.

Siete preoccupati per le ripercussioni che il problema dell’immigrazione possa avere sul turismo dell’isola ?

Beh ovviamente è innegabile che abbiamo una certa inquietudine davanti all’ipotesi che i turisti possano decidere di non visitare più la nostra isola. Ma io sono sicuro che non ci sarà questo tipo di problema perché noi abbiamo cercato di risolvere il fenomeno dei profughi senza influire sull’isola in sé. L’isola è sempre lì, è sempre bella, la sua cultura, le sue bellezze naturali sono sempre lì. E se qualcuno inizialmente aveva pensato di annullare per questo motivo la sua vacanza nella nostra isola, ora invece a nostro avviso ci sono molti più motivi per decidere di fare una visita a Lesbo.

Qual è, secondo lei, il fattore più importante che determina la felicità pubblica?

Sono le piccole cose, le piccole bellezze, i rapporti umani. Lasciamo perdere la ricerca della felicità materiale e cerchiamo di focalizzarci su quell’altro tipo di bellezza, quella del contatto umano. In fin dei conti la felicità è questa umanità, questi sentimenti, il cercare di diventare sempre migliori. Quello che ti riempie di felicità è offrire qualcosa; anche se tu hai poco, ci sono altri che hanno meno di te. La felicità è uno stato d’animo e non una condizione del portafoglio. Felicità è dare una speranza a una madre disperata con il proprio bambino in braccio, è accogliere una persona stremata dal viaggio, è offrire loro il sogno di un’Europa che li accoglie.

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