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Mal’aria di città 2016

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Dopo qualche settimana di tregua, i notiziari rilanciano l’allarme inquinamento atmosferico. In quasi tutte le nostre città gli indicatori raggiungono livelli preoccupanti a riprova che abbiamo a che fare con problematiche strutturali, per la quale non possiamo affidarci alla “buona stella”, leggi pioggia e vento, e neppure a misure emergenziali.

Viene quindi a proposito la pubblicazione del Rapporto annuale di Legambiente Mal’aria di città 2016 (leggi l’articolo), per ribadire ancora una volta, dati alla mano, che non ci sono scorciatoie ma solo politiche di lungo periodo, da perseguire con grande tempestività e determinazione, cambiando ritmo e direzione rispetto a quanto fin qui fatto.

“Secondo un recente sondaggio, tra le principali minacce per l’ambiente, gli italiani mettono al primo posto l’inquinamento atmosferico (77%), seguito dall’inquinamento industriale di acque, terreni e aria (59%) e dalla gestione inefficiente dei rifiuti (55%). Il primato dell’inquinamento atmosferico come preoccupazione espressa dalle persone è confermato anche a livello europeo, secondo quanto riportato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente nel suo Report sulla qualità dell’aria del 2015, in cui l’inquinamento atmosferico è definito come un problema ambientale e sociale ed è ritenuto il più grande rischio presente oggi in Europa per la tutela dell’ambiente”.

Questo l’incipit del Rapporto che, fin dalle prime pagine, ci accompagna nella lettura di una molteplicità di dati relativi alle città italiane. Già nella premessa vengono forniti gli elementi essenziali di riflessione.

Delle 90 città monitorate da Legambiente nel 2015 48 (il 53%), hanno superato il limite di 35 giorni di sforamento consentiti di Pm10. Le situazioni più critiche a Frosinone che guida anche quest’anno la classifica dei capoluoghi di provincia dove i giorni di superamento nel 2015 sono stati 115, seguita da Pavia (114), Vicenza (110), Milano (101) e Torino (99).
In Veneto il 92% delle centraline urbane monitorate ha superato il limite dei 35 giorni consentiti (Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza); in Lombardia l’84% (tutte quelle di Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Como e Monza); in Piemonte l’82% delle stazioni di città (Alessandria, Asti, Novara, Torino e Vercelli), il 75% delle centraline sia in Emilia-Romagna (Ferrara, Modena, Piacenza, Parma, Ravenna e Rimini) sia in Campania (Avellino, Benevento, Caserta e Salerno).

Per quanto riguarda gli altri inquinanti, PM2,5, ozono troposferico, e ossidi di Azoto, il bilancio è relativo al 2014. Per il PM2,5 i capoluoghi di provincia Monza, Milano e Cremona hanno superato il limite del valore obiettivo di 25 µg/m3 di PM2,5 (erano 11 le città nel 2013 e 15 nel 2012). Dati poco rassicuranti riguardano invece dall’Ozono: un terzo dei capoluoghi di provincia monitorati (28 su 86) ha superato il limite dei 25 giorni (dati 2014). Prime in classifica Genova e Rimini con 64 giorni di superamento, seguono Bologna (50), Mantova (49) e Siracusa (48). Particolarmente critica la situazione nell’area padana per le elevate concentrazioni di questo inquinante. Per gli ossidi di Azoto, sempre nel 2014, sono 10 i capoluoghi di provincia sui 93 monitorati (il 12%) che hanno superato il limite normativo (Torino, Roma, Milano, Trieste, Palermo, Como, Bologna, Napoli, Salerno, Novara).

“L’emergenza smog – dichiara Rossella Muroni, Presidente nazionale di Legambiente – difficilmente si potrà risolvere con interventi sporadici che di solito le amministrazioni propongono in fase d’emergenza tra targhe alterne, blocchi del traffico, mezzi pubblici gratis, come avviene attualmente in gran parte delle città italiane, e senza nessuna politica concreta e lungimirante. Per uscire dalla morsa dell’inquinamento è fondamentale che il Governo assuma un ruolo guida facendo scelte e interventi coraggiosi, mettendo al centro le aree urbane e la mobilità sostenibile, impegnandosi per approvare a livello europeo, normative stringenti e vincolanti, abbandonando una volta per tutte le fonti fossili e replicando quelle esperienze anti-smog virtuose messe già in atto in molti comuni italiani in termini di mobilità sostenibile, efficienza energetica e verde urbano”.
“Il protocollo firmato lo scorso 30 dicembre – continua Muroni – tra ministero dell’ambiente, rappresentanti di comuni e regioni, non è stato all’altezza del problema e il rischio è che si rincorra sempre l’emergenza senza arrivare a risultati concreti e di lunga durata. Per questo è urgente e indispensabile che l’Italia adotti un piano nazionale per la mobilità urbana, dotato di risorse economiche, obiettivi misurabili e declinabili. La priorità deve essere la realizzazione di nuove linee metropolitane e di tram, a cui devono essere vincolate da subito almeno il 50% delle risorse per le infrastrutture, da destinare alle città, dove si svolge la sfida più importante in termini di rigenerazione urbana e di vivibilità”.

Ed è proprio sulle proposte di interventi elaborate da Legambiente che vogliamo focalizzare l’attenzione proponendo, di seguito, l’ultima parte della Premessa del Rapporto Mal’aria 2016 per cercare di comprendere come l’indispensabile contributo dei cittadini debba essere affiancato da politiche pubbliche chiaramente orientate e dotate di adeguate risorse.

Per la consultazione del testo integrale del Rapporto rinviamo al link.

Intervenire per risolvere tutto questo si può e si deve

Lo dimostrano le diverse buone pratiche per combattere lo smog e migliorare la qualità della vita in ambiente urbano che già sono state messe in campo: l’area C di Milano, la zona 30 di Torino Mirafiori, la bicipolitana di Pesaro. Ed ancora il piano della mobilità pensato dalla città di Bolzano per incentivare i cittadini ad usare i mezzi pubblici, la linea tram di Firenze-Scandicci che in quattro anni ha registrato oltre 13 milioni di viaggiatori all’anno ben disposti a lasciare l’auto a casa, l’Hub delle merci di Parma, il park&ride (parcheggi di interscambio) di Bari, il pedibus e il bicibus scuola promosso a Reggio Emilia, il Pony Zero Emissioni che ha preso il via a Torino, il bosco sociale di Ferrara per ridurre le emissioni inquinanti; infine l’esperienza in Alto Adige dove, per ridurre i consumi per il riscaldamento degli edifici, da anni è obbligatoria la certificazione energetica per tutti gli interventi con standard obbligatori sia per le nuove case che per le ristrutturazioni che riducono inquinamento e bollette delle famiglie. Questa situazione, però, difficilmente sarà risolta solo con gli interventi sporadici che le amministrazioni propongono in fase d’emergenza tra targhe alterne, blocchi del traffico, mezzi pubblici gratis – come avviene attualmente in gran parte delle città italiane – ma senza nessuna politica concreta e lungimirante. Sicuramente i singoli cittadini possono mettere in campo comportamenti virtuosi che contribuiscono a diminuire le emissioni inquinanti ma la vera ricetta per cambiare le cose può venire solo dal Governo e dalle istituzioni.

Per questo chiudiamo questa premessa rinnovando le dieci proposte di Legambiente su cui chiediamo fin da subito l’impegno del Governo, delle Regioni e delle amministrazioni locali:

Auto privata ultima opzione per muoversi in città. Approvare un serio Piano nazionale antismog in cui il governo assuma un ruolo guida importante, dotato di risorse economiche, obiettivi misurabili e declinabili. La priorità deve essere la realizzazione di nuove linee metropolitane e di tram, a cui devono essere vincolate da subito almeno il 50% delle risorse per le infrastrutture, da destinare alle città. Il piano deve prevedere target di mobilità a livello urbano per arrivare entro 2 anni ad una quota di spostamenti individuali motorizzati al di sotto del 50% del totale, per arrivare nel giro di 6-8 anni sotto il 30%. Occorre infine una verifica dei piani di risanamento dell’aria delle regioni e delle principali città per garantire un’uscita dall’emergenza entro i prossimi cinque anni.

1000 treni per i pendolari. Sono stati annunciati nel 2006 dal Governo Prodi, che fece sperare in una nuova politica dei trasporti, ma non sono mai arrivati. Intanto i disservizi, l’affollamento dei convogli e il forte disagio per chi viaggia, porta sempre più persone a scegliere l’auto per gli spostamenti casa-lavoro.

100 strade per la ciclabilità urbana. Cofinanziare (insieme a Comuni e Regioni) la realizzazione nelle grandi città di un primo pacchetto di nuove corsie ciclabili lungo le principali direttrici di mobilità all’interno dell’area urbana che consentano spostamenti in bici sicuri ed efficienti e costituiscano una valida e attraente alternativa all’uso dell’auto privata.

Ridurre la velocità a 30 km/h. Imporre a livello nazionale il limite di 30 km/h all’interno dei centri abitati, con l’eccezione delle principali arterie di scorrimento, con effetti sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico e benefici sulla sicurezza, riducendo notevolmente gli incidenti.

Chi inquina deve pagare. Prevedere, con una disposizione nazionale, l’estensione del modello dell’Area C milanese a tutte le grandi città e con una differente politica tariffaria sulla sosta, i cui ricavi siano interamente vincolati all’efficientamento del trasporto pubblico locale.

Stop ai sussidi all’autotrasporto per migliorare il TPL. Dal 2000 al 2015 sono stati dati circa 400 milioni in media l’anno all’autotrasporto e anche per il 2016 gli aiuti diretti e indiretti saranno pari a 250 milioni di euro. Chiediamo che tali risorse siano, al contrario, destinate ad incrementare e migliorare il trasporto pubblico locale e il servizio per i cittadini.
Fuori i diesel dalle città. Limitare la circolazione in ambito urbano dei veicoli più inquinanti (auto e camion) sul modello della città di Parigi: entro il 2016 divieto di circolazione di tutti i veicoli euro 0 ed euro1, e dei diesel (auto e camion) euro 2. Entro il 2017 divieto esteso a diesel euro 3 e poi a crescere sino a vietare nel 2020 la circolazione dei veicoli diesel euro 5 (quelli venduti sino ad oggi).

Riscaldarsi senza inquinare. Vietare l’uso di combustibili fossili, con esclusione del metano, nel riscaldamento degli edifici a partire dalla prossima stagione di riscaldamento. Obbligo di applicazione della contabilizzazione di calore nei condomini in tutta Italia a partire dal prossimo inverno. Interventi innovativi per l’installazione di pompe di calore, che permettono di ridurre notevolmente le emissioni. Obiettivo del 3% all’anno sulla riqualificazione degli edifici pubblici e privati per attuare il piano europeo per ammodernare o ricostruire l’intero patrimonio edilizio entro 30 anni. Perché i risultati siano evidenti è necessario rafforzare il sistema dei controlli, tanto sui fumi emessi dalle caldaie che sulla certificazione energetica degli edifici, verificando che le dichiarazioni corrispondano realmente allo stato in cui si trova lo stabile.

Ridurre l’inquinamento industriale. Applicare autorizzazioni integrate ambientali (AIA) stringenti e rendere il sistema del controllo pubblico più efficace con l’approvazione della legge sul sistema delle Agenzie regionali protezione ambiente ferma al Senato da oltre un anno.

Nuovi controlli sulle emissioni reali delle auto. Applicare immediatamente i nuovi criteri di prova di omologazione per i veicoli immessi sul mercato, con verifica su strada e dichiarazione obbligatoria dei risultati reali di consumo e di inquinamento risultanti.

Liguria zero emission
Piano di azione europeo per l'economia circolare
2 Comments
  1. […] Mal’aria di città 201630 gennaio 2016 […]

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