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Anci e Forum del Terzo Settore ripartono dalla cultura

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Pochi giorni fa abbiamo dato notizia (leggi l’articolo) dell’accordo raggiunto tra Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e Forum del Terzo Settore attraverso cui sottoscrivono l’impegno a collaborare per valorizzare, tutelare e promuovere il patrimonio culturale del nostro Paese.

Riportiamo qui il link del documento, scaricabile o consultabile online.

Ciò che emerge con forza a una prima lettura del documento è come l’aspetto culturale sia stato considerato, giustamente, cruciale entro il sistema welfare. L’importanza di tale accordo ha infatti un valore esponenziale se esaminato nei termini della puntualità col quale giunge se è vero, come pensiamo, che alla base di ogni crisi economica ne esista una più grande che è senz’altro culturale.

La bontà dell’intesa sta tutta nella sua forza capillare: in primo luogo Anci e Forum del Terzo Settore ci fanno sapere che la loro visione, in merito alla tutela e valorizzazione del territorio, è condivisa, dunque occorre sottolineare come questa espressione, la condivisione di un punto di vista, sia un fatto per niente marginale ma che anzi veicola una certa potenza d’intenti.
Presupposto, questo, che viene rafforzato dall’ambito in cui i due attori raggiungono un’intesa: il patrimonio culturale. Dunque, non qualcosa da creare, da mettere in piedi attraverso costose e astruse strategie; piuttosto si parla di valorizzare l’esistente, difenderne la presenza, invitare noi tutti alla partecipazione, al fine di identificarci noi stessi, perché lo siamo, nell’immenso patrimonio culturale italiano.

Sul concetto di partecipazione vale la pena soffermarci perché le parti chiamate in causa a operare sono tante e, strategicamente, potrebbero rivelarsi nel tempo di un’esattezza chirurgica; leggiamo infatti dal documento dell’accordo come Anci e Forum del Terzo Settore chiamino in causa gli enti non profit, sottintendendo dunque una collaborazione a tutto tondo con le istituzioni, un’apertura al dialogo e alla collaborazione che culmina con la presenza del Ministero del Lavoro.

Se, infatti, i progetti sperimentali via via proposti dai protagonisti dell’accordo si riveleranno concretamente attuabili, vedremo risultati positivi in termini di occupazione, soprattutto giovanile, come si legge dal documento, essendo il settore turistico quello preponderante per numero di operatori di giovane età.

Di fatto, l’accordo dà seguito e applica la novità introdotta dal Decreto Legge 90 del 24 giugno 2014, il quale stabiliva che, usando le risorse del Fondo Nazionale per il Volontariato, venisse garantita la copertura previdenziale e assicurativa ai soggetti coinvolti nei progetti avviati dal Terzo settore. Un totale di 10 milioni di euro, 5 per ogni anno.

Facendo qualche calcolo, possiamo dire con approssimazione che circa 19.000 persone potrebbero godere di una sicurezza lavorativa della durata di un anno, entro settori e categorie, come quelle pertinenti il turismo e i beni culturali in genere, che negli ultimi anni hanno mostrato cedimenti. Un’ottima analisi su questo punto la fa lo stesso Piero Fassino, presidente dell’Anci, quando concretamente parla di “inclusione di soggetti a rischio di scivolamento nella marginalità sociale e lavorativa” ai quali ora viene offerta la possibilità di cogliere opportunità occupazionali.
Inoltre, attuando i progetti, risulta chiaro come i buoni frutti potrebbero essere raccolti sia dagli enti locali, sia dalle organizzazioni del Terzo settore. Il “come” lo spiega di nuovo molto bene Fassino: “i primi utilizzando in modo ‘sociale’ le persone potranno erogare servizi aggiuntivi alla propria comunità accrescendo l’offerta garantita ai cittadini; le seconde potranno espandere le loro attività e la loro economia”.

Sintetico e puntuale anche il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti che riassume bene il significato che abbiamo attribuito alla collaborazione tra, dice Poletti, “lo Stato che garantirà la copertura finanziaria dei rischi dei volontari, i Comuni che sono gli enti più vicini ai cittadini, e le organizzazioni del terzo settore già attive sul terreno del sostegno sociale”.

I presupposti per fare, e fare bene, ci sono dunque tutti. Questo accordo può essere visto come una piccola rivoluzione, in cui si torna a lavorare partendo da qualcosa di preesistente, che ci rappresenta e che abbiamo il diritto e il dovere di rappresentare: il nostro patrimonio culturale.

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