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Terzo Settore: alcune nozioni di base per orientarsi

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Un tentativo definitorio.

Con l’espressione “Terzo Settore”, abitualmente utilizzata quale sinonimo di “non profit”, si indica generalmente il variegato insieme di soggetti che opera nel tessuto sociale secondo metodologie e strumenti che non appartengono né allo Stato né al mercato.

Tuttavia, tale definizione “per negazione” (il Terzo Settore non è Stato e non è mercato) è da taluni considerata inadeguata, in quanto non rende piena dignità a un fenomeno economico e sociale che negli anni ha consolidato prassi e caratteristiche proprie, investigabili quali-quantitativamente.

In linea generale è possibile identificare il Terzo Settore con il tentativo della società civile di riappropriarsi della funzione di produrre beni e servizi di interesse sociale che, sebbene siano da sempre di competenza dello Stato, non sempre gli apparati pubblici riescono da soli a garantire. Ma, se da un lato è chiaro che “il sociale” è per antonomasia l’ambito di intervento del Terzo Settore, non altrettanto semplice è formulare una definizione organica dello stesso, poiché qualunque tentativo definitorio si scontra con la straordinaria varietà di un fenomeno dai contorni in continua evoluzione.

Indubbiamente se si osserva il “Terzo Settore” da un punto di vista “soggettivo”, ossia analizzando i soggetti che lo compongono, il termine identifica gli enti che sono costituiti e operano in determinati ambiti della società civile secondo meccanismi non riconducibili a quelli tipici del mercato né a quelli delle istituzioni statali pubbliche: per “Terzo Settore” si intende quindi il variopinto mondo delle diverse forme organizzative in cui l’“associazionismo” si esprime, attraverso gli strumenti previsti nella legislazione nazionale, che comprendono – a titolo esemplificativo e non esaustivo – le associazioni di volontariato, le cooperative sociali, le organizzazioni non governative (ONG) operanti nella cooperazione allo sviluppo, le imprese sociali e altri tipi di organizzazione le cui caratteristiche sono differenti ma accumunate da un certo grado di impegno in campo sociale.

Se sotto il profilo soggettivo c’è una certa convergenza di vedute verso una definizione di Terzo Settore come insieme di organizzazioni che stanno tra Stato e mercato ma non sono riconducibili né all’uno né all’altro, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, invece, proliferano molteplici interpretazioni e denominazioni dal significato pressoché equivalente, ma con sfumature diverse: Azione Volontaria, Terzo Sistema, Economia Civile, Terza Dimensione, Privato Sociale, Settore non profit… Ogni denominazione ha un suo paradigma che mette in evidenza alcuni aspetti specifici del fenomeno, tralasciandone altri.

Origini e sviluppo del concetto di Terzo Settore

Le prassi volontaristiche e solidaristiche che rappresentano il “cuore” dell’operatività degli organismi del Terzo Settore affondano le proprie radici in epoche antiche con tradizioni e declinazioni diverse da paese a paese. Tuttavia, il concetto moderno di Terzo Settore come entità separata dai servizi dello Stato e degli operatori economici, si è sviluppato soltanto a partire dalla seconda metà del XX secolo, principalmente nei paesi economicamente più avanzati, quando un’accresciuta attenzione sociale per le attività di solidarietà, favorita dal miglioramento delle condizioni economiche generali e dalla diffusione dell’informazione, ha agevolato la conoscenza di particolari situazioni di disagio di natura economica, sanitaria, sociale e politica, sviluppando modalità nuove per contribuire alla risoluzione o all’alleviamento di tali problematiche.

Parallelamente, la percezione dell’inadeguatezza dei sistemi di solidarietà sociale gestiti dai grandi Stati nazionali e l’inefficacia degli strumenti di assistenza allo sviluppo nei paesi meno industrializzati hanno indotto molte persone a impegnarsi attivamente, in forma per lo più volontaristica, per dare risposta ai bisogni di altri individui, categorie o gruppi sociali. Ciò ha dato luogo alla spontanea proliferazione di organizzazioni di natura giuridicamente privata che tuttavia perseguono obiettivi di solidarietà pubblica, rivolti a soddisfare bisogni sociali specifici o generali, nel paese ove le organizzazioni hanno sede o all’estero in programmi di cooperazione internazionale.

Nel giro di qualche decennio la rilevanza del fenomeno ha raggiunto proporzioni tali da farne una realtà della quale anche gli ordinamenti giuridici hanno dovuto prender atto, anche al fine di attribuire agevolazioni di natura fiscale alle attività solidaristiche di utilità sociale che, in genere, sono viste con favore dall’opinione pubblica in ragione dell’elevato contenuto etico degli obiettivi perseguiti oltre che dell’effettivo contributo al benessere generale della società.

A livello europeo, una prima definizione di questo settore risale al 1978, quando la locuzione “Terzo Sistema” comparve in un rapporto per la Commissione Europea dal titolo ambizioso di “Un progetto per l’Europa”, che riconosceva al mondo dell’associazionismo non profit una posizione concettualmente separata sia dallo Stato sia dal Mercato, favorendo l’equiparazione dei tre settori a livello di società complessiva e sostenendo la necessità di una nuova rete di regolazione istituzionale dei rapporti sociali. Tale visione è figlia della crescente complessità delle strutture sociali nell’Europa contemporanea, che sottintende una crescente interdipendenza dei soggetti sociali (sia in senso verticale sia orizzontale) e la conseguente esigenza di rapporti circolari e non lineari, in un sistema di multilevel governance basato su meccanismi partecipativi e maggiore interazione tra le istituzioni e la società civile. Il Terzo Settore, dunque, cerca di rimediare all’insufficienza di un rapporto verticale top-down tra l’Autorità statale e i cittadini, promuovendo lo sviluppo di approcci bottom-up e di strumenti di sussidiarietà circolare. Al tempo stesso, in senso orizzontale, l’impetuoso sviluppo del Terzo settore dagli anni settanta ad oggi evidenzia l’inadeguatezza di una rapporto tra soggetti economici basato sulla pura competizione, nel quale ciascun operatore agisce indipendentemente dagli altri, con una fede deterministica nella funzione salvifica di coordinamento e autoregolazione attribuita al mercato. In campo politico-economico il Terzo Settore risponde, dunque, all’esigenza di bilanciare l’area della competizione con l’esigenza di collaborazione, per riparare ai fallimenti reciproci dello Stato e del Mercato.

Il Terzo Settore va quindi considerato parte integrante del sistema economico e politico generale, e non un insieme di forme organizzative extra-economiche, come la definizione di enti “non-profit” potrebbe indurre a pensare, e nemmeno un mero raggruppamento di organizzazioni avulse dal contesto politico-istituzionale generale. A contrario, il Settore è detto “Terzo” a sottolineare l’autonomia e il contributo non residuale che le diverse organizzazioni che lo compongono forniscono al benessere della società, un contributo che è non inferiore, ma soltanto di natura diversa da quello dello Stato e da quello del Mercato.

Le ricerche sul Terzo Settore come fenomeno economico si sono sviluppate soprattutto a partire dagli anni della crisi del welfare, tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta, attirando l’interesse degli studiosi che si occupano delle organizzazioni non profit (ONP). Proprio il tema del non profit fu oggetto dei primi studi da parte degli economisti, volti a individuare classificazioni di questo fenomeno, a conferirgli una piena dignità nell’analisi economica e a studiarne il ruolo all’interno del sistema di welfare. L’approccio economico, quindi, pone l’attenzione sui meccanismi di produzione di servizi per il bene collettivo che sono di natura distinta da quelli offerti dal Mercato, essendo privi di fini lucrativi. Gli studi economici indagano il contributo dato dal Terzo Settore all’economia del Paese, soprattutto in termini di servizi di tutela e cura delle fasce svantaggiate della popolazione, quali gli anziani, i malati, gli immigrati, i disabili, ecc… Inoltre gli studi di natura economica analizzano le fonti di finanziamento delle ONP ed i flussi economico-finanziari esistenti tra queste e gli enti pubblici.

Accanto agli studi economici tra anni ottanta e novanta si è sviluppato un approccio sociologico per l’analisi del Terzo Settore che, pur condividendo con la prospettiva economica la definizione del fenomeno come identificativo di pratiche attuate da soggetti organizzativi di natura privata volte alla produzione di beni e servizi a valenza pubblica o collettiva, tende però a mettere in evidenza soprattutto l’aspetto altruistico delle relazioni che si instaurano all’interno del tessuto sociale, implicando un coinvolgimento personale degli attori che vi partecipano. Le indagini sociologiche mirano, quindi, prevalentemente a individuare gli aspetti di natura motivazionale, culturale, valoriale ed etica dell’agire volontario nelle organizzazioni non profit.

Da un punto di vista giuridico, il Terzo Settore, sia pur nelle diverse denominazioni e sfumature di significato, riceve oggi protezione e sostegno dai sistemi legislativi in quasi tutti i paesi del mondo, e soprattutto in Europa, anche in virtù di campagne di sensibilizzazione ed attività di lobby promosse dalle reti internazionali del settore presso i decisori politici nazionali e comunitari, particolarmente in occasione del “2011 – Anno Europeo per le Attività di Volontariato che Promuovono la Cittadinanza Attiva”, che ha svolto una vera e propria funzione propulsiva presso molti governi per accelerare l’elaborazione di leggi apposite o la riforma e riorganizzazione di quelle esistenti.

Terzo Settore: il quadro legislativo e le tipologie di organizzazioni non profit

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